Westworld 4×06 “Fidelity”: la recensione
Fidelity è un episodio di Westworld trattenuto che, nonostante una palese ispirazione a Doctor Who, mette in luce le doti di Aaron Paul
Westworld 4×06, “Fidelity” la recensione dell’episodio, disponibile su Sky e Now dal 1 agosto in lingua originale e dall' 8 agosto in italiano.
La trama di Westworld 4×06
Sembra che la nuova formula di Westworld sia quella di accantonare alcune trame per poi riprenderle nell'episodio successivo. Così, in Fidelity, non prosegue il dilemma etico di William, né tanto meno la presa di coscienza di Dolores, bensì torniamo a seguire Bernard e C, impegnati a restaurare una malridotta Maeve. Quando il gruppo con Stubbs torna alla base (che altro non è che il parco degli anni '30 visto nell'episodio 3) Bernard informa la leader che uno dei suoi è stato sostituito da un residente. Inizia quindi un gioco del sospetto che si alterna alla storyline principale dell'episodio, il tentativo di fuga di Caleb dai laboratori della Delos e dalle grinfie di Charlotte Hale.
Il grande protagonista di questo episodio è proprio Caleb, che si risveglia in una cella della Delos. Charlotte è davanti a lui e gli svela nuovamente che è morto vent'anni prima, e che quel corpo potrà resistere pochi giorni prima di distruggersi. Hale vuole sapere cosa hanno gli umani che fa dubitare i residenti di se stessi, cosa gli fa desiderare la morte. Ovviamente Caleb non le dà risposta e l'androide lo istiga dicendogli che Frankie è ancora viva. Rimasto solo coi propri pensieri, Caleb scopre di essere circondato da altre copie di se stesso, e capisce di non essere più umano e nemmeno il primo ad aver tentato la fuga. Per il resto dell'episodio, l'uomo cerca di uscire dal laboratorio, incontrando sul suo cammino numerosi indizi lasciati dalle sue precedenti versioni. Fidelity è un episodio personale, basato su Caleb e sul rapporto con sua figlia, che è ancora forte dopo vent'anni.
Fidelity ha tanti buoni momenti, e il finale di stagione si avvicina a passo svelto senza la sensazione di aver perso tempo. Una pausa necessaria prima delle ultime due puntate, ma che serve a sistemare definitivamente le diverse squadre di protagonisti.
Un déjà vu se sei fan di Doctor Who
Fidelity potrebbe sembrare comunque un episodio molto solido, in parte grazie ad Aaron Paul, come già detto, artefice di una delle interpretazioni migliori dello show. Ma per tutta la durata dell'episodio c'è una sorta di déjà vu costante: sembra di aver già visto l'intero piano di fuga di Caleb. Non so se sia un'ispirazione voluta o meno, ma Fidelity ricorda moltissimo Heaven Sent, un episodio del 2015 di Doctor Who. In quella puntata il dottore di Peter Capaldi era rimasto solo, ed è intrappolato in un labirinto inseguito da un essere misterioso. Qui trova numerosi indizi che, man mano che l'episodio prosegue, si capisce sono stati lasciati dal Dottore stesso prima di morire. Un loop temporale molto simile a quanto visto in Westworld con Fidelity. Se questo non bastasse come citazione, anche gli esseri senza volto ricordano molto gli angeli della serie BBC.
Ovviamente si tratterà di un'impressione che vi colpirà solo se seguite Doctor Who, in caso contrario potrete godervi senza alcun problema l'episodio di Westworld e la performance di Aaron Paul. Poco rilevante, per la prima volta dall'inizio della stagione, la colonna sonora, senza nuovi brani arrangiati o originali. Nonostante Fidelity sia quindi l'episodio meno incisivo della stagione 4 di Westworld, ci ha regalato comunque un'ottima performance di Aaron Paul, spostando di un'altra casella in avanti il viaggio verso la battaglia finale.