Westworld 2x08 "Kiksuya": la recensione
La recensione dell'ottavo episodio stagionale di Westworld
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C'è una storia che si vuole raccontare, e lo si fa. Contro tutte le pressioni della trama più grande e i conflitti rimasti aperti. L'episodio per certi versi è in netta opposizione con il precedente, che con la sua mole di eventi aveva la carica drammatica e il peso narrativo di un season finale. Trova un suo senso allora nel far respirare la trama e permettere agli altri personaggi di spostarsi in altri luoghi, anche solo a livello di percezione dello spettatore. Protagonista assoluto è Akecheta, il capo indiano, personaggio oscuro e inafferrabile al pari degli altri robot della Ghost Nation. Sui loro obiettivi storici e sul loro passato fa luce la puntata, che copre un lungo arco temporale.
Se Westworld ha parte del DNA di Lost, Akecheta è il Desmond della situazione, il jolly che ha il dono della visione, che ha vissuto gran parte della sua storia in mezzo agli altri, ma su un piano diverso, anche lui nel tentativo di riabbracciare la persona che ama. Tutto questo è interessante, soprattutto nello slittamento finale che rivela il legame con Maeve e la figlia e il senso del racconto di Akecheta. Che poi la portata dell'episodio sia una delle più grandi – raramente abbiamo visto così ben valorizzati gli scenari – è solo una delle considerazioni dietro una serie che fa degli alti valori produttivi un marchio distintivo.
Considerazioni sparse:
Kiksuya vuol dire "ricorda".
Akecheta e Logan si erano già incontrati in passato, come sappiamo dall'episodio Reunion.
Ascoltiamo una nuova cover di Heart-Shaped Box dei Nirvana.
Viene spiegato da un punto di vista più "tecnologico" il potere di Maeve. Si tratta di passare comandi attraverso la rete utilizzata normalmente per scambiare dati.