Westworld 1x03 "The Stray": la recensione

Terzo episodio di Westworld: nuove riflessioni sulla coscienza e sul cambiamento, sul senso dei personaggi e sui loro scopi

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Conflitto, cambiamento, conclusione. Potremmo dire che queste tre C corrispondono ad altrettante fasi chiave di uno storytelling che funziona, che riesce a raccontare una vicenda che riflette su se stessa, che evolve e ci concede il piacere di una chiusura drammaturgica. Questo vale da sempre e per sempre, in ogni ambito della narrazione che si rispetti. Westworld di questo ha parlato fino ad ora, e continua a farlo in The Stray, terzo episodio della stagione. La serie va avanti, puntella meglio alcuni personaggi concedendo loro un background necessario. E, nel momento in cui questo misterioso passato serve a renderli più veri, fa davvero differenza se questo è vero o falso?

Prendiamo Teddy, vittima sacrificale preferita della serie fino a questo momento. Morto mille volte, mille volte tornato in vita per adempiere al suo non-scopo, che è quello di vivere, come gli altri, in un eterno presente di conflitti irrisolti e possibilità che dovranno rimanere irrealizzate. L'avevamo già detto, la chiusura non è per questi personaggi. La realizzazione degli obiettivi di un personaggio fittizio, che può essere quello di un libro o di un film o di una serie tv, chiude la sua storia. Non rimane più nulla da raccontare. Il "... e vissero per sempre felici e contenti" a cui siamo abituati. Teddy dovrà raccogliere in eterno il barattolo caduto a Dolores.

Prendiamo Bernard. Lo scienziato ribelle, che ama sperimentare con i robot, in particolare con Dolores, a cui confida segreti e riconosce possibilità inesplorate. Conosciamo, o abbiamo intuito già da un po' il suo agire, ma ora è tempo di rifinire meglio la sua personalità fornendo maggiori dettagli. Ecco quindi il trauma passato, il senso di colpa, la morte del figlio dalla quale non si è mai più ripreso e che avrà un impatto sulle sue scelte. La domanda che dobbiamo porci è: in cosa Bernard è diverso da Teddy? Una motivazione, il profondo agire che muove ogni persona, ha un senso più importante se è legata a una base di realtà? In fondo gli effetti sono gli stessi. Al momento dell'upgrade della memoria di Teddy vedremo addirittura flashback di situazioni mai avvenute.

Suona familiare? È Blade Runner, o almeno una certa versione di quella storia. Agire in un certo modo perché si sente che è giusto, perché si provano dei sentimenti, e poi scoprire la verità dietro il sogno di un unicorno attraverso un origami.

Ci piace molto l'idea di Westworld come motore della coscienza di individui robotici per uno scopo. La motivazione non è un puro dettaglio estetico, è la pietra angolare di un personaggio e della sua storia, dirà a un certo punto qualcuno. E sarà ancora più particolareggiato il discorso del dr. Ford (vagamente minaccioso?) a Bernard nell'illustrare la piramide del cervello cibernetico. Alla vetta un punto interrogativo, forse l'eco della voce degli dei (e chi saranno mai gli dei in questo caso). Mentre un Hopkins ringiovanito fa un certo effetto, ci chiediamo quanto c'è di non detto nella storia di Arnold.

Questo quanto alle tematiche. La serie intanto prosegue. Il loop di Dolores - l'idea di cambiamento citata all'inizio parlando di Alice nel paese delle meraviglie - sembra essere arrivato a un punto di rottura, e come lei anche Maeve. Strani flash spezzano la routine mentre qualcosa sembra avvertire che il ciclo di eventi potrà essere sopportato fino a un certo punto, e che qualunque essere immaginario, a un certo punto, non può più vivere solo di conflitti ma deve arrivare a un cambiamento e a una conclusione. Intanto ci poniamo una domanda: ma gli androidi sognano pecore elettriche?

State seguendo la serie? Diteci cosa ne pensate nei commenti.

Continua a leggere su BadTaste