The Wedding Party, la recensione

Niente a che vedere con il matrimonio e tutto a che vedere con la migliore commedia, quella che raccontando cose divertenti mostra i paradossi della realtà...

Critico e giornalista cinematografico


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Matrimonio a sorpresa non vuol dire niente. Niente. Non ci sono sorprese, di nessun tipo, il matrimonio in questione è annunciato da tempo e il film si svolge tutto la sera prima della cerimonia. Per inciso non c'è nemmeno un party matrimoniale, non si fa festa, anzi si cerca di porre rimedio ad un errore clamoroso.
Fatta piazza pulita dai fraintendimenti si può subito dire che il primo film di Lesley Headland (diretto e anche scritto) è una delle commedie femminili più divertenti e interessanti che si siano viste da anni a questa parte, che solo fintamente si inserisce nel solco del cinema matrimoniale, e che con quel tipo di umorismo all'acqua di rose e buonismo romantico non ha nulla in comune.

Le quattro amiche protagoniste non sono molto amiche e il fatto che l'unica tra di loro ad essere bruttina e cicciotta sia la prima a sposarsi manda in paranoia le altre 3, stimolando il loro lato peggiore. C'è cocaina sesso e tutta la disperazione del mondo nel film, ma nemmeno un momento "matrimoniale", la cerimonia per eccellenza è solo l'espediente di confronto con se stessi per antonomasia, e la dinamica da "tutto in una notte" è buona per lasciar emergere il peggio da ognuno invece che il meglio, come solitamente capita.

Eppure la bravura di Lesley Headland sta tutta nel non affondare sotto le premesse delle proprie idee. The Wedding Party non è nemmeno una commedia in cui personaggi irrealmente malvagi si fanno angherie a vicenda, quanto un ritratto di come gli istinti peggiori e le pulsioni più elementari lottino dentro ognuno, spingendo verso la soddisfazione dei desideri più elementari.

Non sono ricche e piene di stile, non sono poverelle e acculturate, non sono indie e alternative, non sono appartengono nemmeno a quella tipologia alto borghese tradizionale inesistente che è la dominante al cinema. Le 3 amiche protagoniste sono donne dentro ogni media che si drogano, bevono e non hanno nulla per cui vivere.

Per questo tra la capetta Kirsten Dunst e la straordinaria oca cocainanomane di Isla Fisher è a sorpresa la ninfomane ragazzina di Lizzy Caplan il personaggio con maggiore dignità grazie ad un carattere speculare a quello indagato dal cinema al maschile degli ultimi anni, e una disperazione priva degli eccessi iperbolici delle altre due.

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