We Can Never Go Home, la recensione

Abbiamo recensito per voi We Can Never Go Home, opera di Matthew Rosenberg, Patrick Kindlon, Josh Hood e Brian Level

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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We Can Never Go Home, anteprima 01Porsi in antitesi alla cultura di massa, o come alternativa a quella popolare, è sempre stata una prerogativa della cosiddetta cultura underground. Nel corso degli ultimi cinquanta anni, cioè da quando esiste l'idea secondo cui l'opposizione possa essere a sua volta un movimento artistico, tanti sono stati i progetti in campo letterario, cinematografico e musicale che, uscendo dalla nicchia nella quale erano stati concepiti, si sono imposti all'attenzione di molti.

Il mondo del fumetto, che si è sempre dimostrato un medium in grado di recepire le tendenze e le problematiche delle varie epoche, ha visto il proliferare di una vasta produzione underground che, per tematiche trattate e soluzioni artistiche adottate, è riuscita a imporsi come vero e proprio genere narrativo. All'interno di questa corrente libera da schemi e imposizioni si collocano i Black Mask Studios, etichetta fondata da Matt Pizzolo e Gurewitz, personaggi lontani dal fumetto - il primo è un regista, il secondo è il chitarrista del gruppo punk-rock californiano Bad Religion e fondatore di Epitaph Records - che proprio grazie a questo media hanno ampliato la propria platea di seguaci.

Dopo un progetto come Occupy Comics, in grado di coinvolgere agli inizi del nuovo millennio eminenze grigie del panorama fumettistico mondiale, Black Mask ha iniziato a pubblicare con regolarità serie a fumetti, tra cui quella in oggetto: We Can Never Go Home, scritta da Matthew Rosenberg e Patrick Kindlon, per le matite di Josh Hood e Brian Level, mostra un viscerale legame con la musica punk, con quell'attitudine estrema e nichilista che questo genere da sempre porta con sé.

We Can Never Go Home, anteprima 02Torniamo agli anni '90, a quel decennio che ha visto una rinascita del punk-rock, a un decennio fatto di chitarre distorte, ritmi serrati e mixtape da condividere con gli amici. Proprio uno di questi mette in contatto i protagonisti di We Can Never Go Home, Duncan e Madison. Dopo un primo burrascoso incontro, i due scoprono di avere tanto in comune: lo stesso disagio, la stessa voglia di scappare, di emergere dallo schifo di un'esistenza mediocre e decidono di unire le forze e partire.

Lo sviluppo della trama, a questo punto, svolta da quello che all'apparenza è un teen drama in una storia on the road. Rosenberg e Kindlon tratteggiano dei personaggi credibili e tridimensionali; amano farli interagire giocando molto sulla tensione sessuale crescente e i delicati equilibri che si cementano durante il viaggio. Gli scrittori dimostrano, inoltre, di conoscere bene i desideri e le paure che animano i ragazzi oggigiorno e ne danno dimostrazione in queste pagine dense di dubbi esistenziali, voglia di distruggere e allo stesso tempo scoprire il mondo, andando oltre quelle colonne d'Ercole imposte dai genitori.

Quest'aspetto, sicuramente il più riuscito e funzionale di We Can Never Go Home, si perde quando la storia diventa di più ampio respiro e si aggiungono elementi meno definiti; lungo il percorso, infatti, vengono inseriti personaggi abbozzati e situazioni non sempre coerenti, o comunque legati in maniera non così logica al filone principale.

We Can Never Go Home, anteprima 06Troppe le domande che non trovano una risposta in queste pagine e alle quali risulta difficile dare una spiegazione. L'assenza di una mitologia creata ad hoc per la miniserie fa sì che gli spunti narrativi girino a vuoto inficiando l'ottimo lavoro in fase di caratterizzazione dei protagonisti. Detto ciò, il ritmo è incalzante, i dialoghi - seppur legati a una precisa generazione - sono sempre ficcanti e mai banali e il giusto alone di mistero che copre la vicenda aggiunge sapore a questa storia.

Non ci sono cali, né battute di arresto, invece, nella componente grafica del volume grazie alla prova di Hood e Level: i due artisti ci regalano un lavoro molto attento e pregevole in cui spiccano l'espressività dei personaggi - che si sposa perfettamente con il dinamismo di certi passaggi thrilling - e la cura della composizione della tavola, in una costante ricerca di pose plastiche in cui immortalare i nostri protagonisti. Il tratto realistico si adatta perfettamente al tipo di storia narrata e lo storytelling mantiene lo stesso ritmo serrato per tutto il volume.

Grande interesse desta l'impaginazione del volume: il prodotto è molto accattivante ed è concepito quasi come una serie televisiva in cui ogni puntata ha una sua colonna sonora, ognuna delle quali è un mixtape contente brani di gruppo che hanno fatto la storia del punk, dell'hardcore e dell'indie-noise.

We Can Never Go Home, anteprima 07Queste raccolte sono disponibili all'ascolto su Spotify, ma questa lettura potrebbe anche spingervi a recuperare fisicamente una serie di dischi che hanno fatto la storia della musica.

Insomma, questo volume di Edizioni BD è un prodotto a tutto tondo che permette una fruizione su più piani, in grado di coinvolgere il lettore in un viaggio affascinante. Musica, cinema, arte e letteratura si incontrano per dare corpo, voce e anima a una miniserie a fumetti che rappresenta un'opera valida, di grande interesse, ma che, dato l'enorme bagaglio artistico messo in campo, lascia l'amaro in bocca per alcune trovate in fase di scrittura che non convincono del tutto.

Nonostante ciò, We Can Never Go Home è un fumetto di assoluto valore che appassiona tutti coloro che sono cresciuti immersi in queste sonorità e che vogliono ritornare a quel periodo della vita in cui bisognava scappare, non importava dove e come; ma sa parlare anche al pubblico più giovane che questi turbamenti li sta vivendo oggi e, magari, tra queste pagine riuscirà a rivedersi.

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