We Can Be Heroes, la recensione
L'ennesimo capitolo nella sconfortante carriera di cinema per bambini di Rodriguez, We Can Be Heroes, replica i modelli meno sofisticati e li peggiora
Poliponi.
I cattivi di We Can Be Heroes sono poliponi alieni viola che arrivano in astronavi a forma di poliponi alieni viola, un classico della fantascienza vecchio stampo (ma in fondo erano un po’ poliponi anche gli alieni di Independence Day). In poco i cattivi venuti dallo spazio con tecnologie aliene, come in un cartone animato seriale giapponese con protagonisti mega robot, imprigionano tutti i supereroi della Terra. Rimangono solo i loro figli (tutti della stessa fascia d’età preadolescenziale) che la società che gestisce i supereroi nasconde in un bunker. Anche i figli però hanno superpoteri e in breve formeranno una squadra per andare a salvare i propri genitori.
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Nell’idea di cinema per l’infanzia di We Can Be Heroes non c’è un livello di sofisticazione in più per gli adulti (che poi è anche la porta d’ingresso ad altri ragionamenti per i bambini stessi), non c’è quel dolce furto di pratiche di racconto per adulti rimaneggiate per un altro pubblico e non c’è nemmeno il tentativo di lavorare con mezzi e idee complesse per contenuti semplici. Non c’è nemmeno della buona recitazione a dare carattere ai personaggi. Come già visto in Spy Kids per Rodriguez ai bambini si parla come bambini, ai bambini il cinema non dà nulla che non sia stato già masticato e ribassato fino a che non sia alla loro altezza.
Una denuncia a parte andrebbe poi fatta partire per la cover del brano di David Bowie che viene usata.