Watchmen - recensione di un appassionato

Un inizio memorabile e tante idee interessanti. Ma una sceneggiatura copia e incolla e diverse interpretazioni incerte. E' il Watchmen di Zack Snyder, visto attraverso gli occhi di chi ha letto più volte la graphic novel di Alan Moore...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloWatchmenRegiaZack Snyder
Voci originali
Jeffrey Dean Morgan, Patrick Wilson, Malin Akerman, Jackie Earle Haley, Billy Crudup, Matthew GoodeUscita6 marzo 2009La scheda del film

La prima mezz'ora di Watchmen è fantastica. Molto semplicemente, ti viene da pensare di non aver capito nulla di Zack Snyder e che devi chiedere perdono per tutte le critiche che gli hai fatto, magari inginocchiandoti di fronte a lui per omaggiare un'introduzione memorabile. Si incomincia con una trasmissione televisiva assolutamente affascinante e un ottimo lavoro di montaggio, che dimostra (come facevano alcuni momenti de L'alba dei morti viventi) che Snyder non ha uno stile solo fatto di ralenti e rozzezza, ma riesce a essere anche elegante. Così come funziona benissimo l'omicidio del Comico (in particolare una carrellata esterna che non ti aspetteresti e che dà un tono particolare alla sequenza), se non forse per la lunghezza (la dilatazione delle scene d'azione purtroppo sarà un difetto che andrà avanti per tutta la pellicola). E arriviamo al momento clou, i titoli di testa. Che ci dimostrano che Zack Snyder riesce nello stesso tempo a rappresentare un forte senso di malinconia, a raccontarci tantissime informazioni importanti (anche se temo che i non fan del fumetto avranno difficoltà a capire chi è quel bambino che vede tanti signori entrare in camera da letto della madre, così come per dieci persone che riconosceranno tranquillamente Andy Warhol ce ne saranno una o due che capiranno che quello a fianco è Truman Capote), a mostrarci che il ralenti può essere una cosa bellissima e che si può omaggiare la grande tradizione del noir con immagini che non hanno nulla da invidiare ai classici del genere. In tre minuti di cinema, più ricchezza di idee che in tante pellicole intere. Basterebbe questo per consigliare comunque la visione della pellicola.

Ma per certi film importanti e attesissimi, è meglio sgombrare il campo da dubbi, chiarendo subito i punti di vista di chi deve recensire la pellicola. In primis, l'opera di Alan Moore. Ho scoperto Watchmen quasi vent'anni fa, nel frattempo l'ho riletto varie volte e devo dire di apprezzarlo molto. Ma non ritengo che sia il capolavoro di Alan Moore, titolo a cui a mio avviso possono ambire (almeno tra le opere di questo fumettista che conosco) V for Vendetta, From Hell e Swamp Thing. Watchmen è un fumetto geniale per mille motivi (e chi lo ha letto non ha bisogno che gli dica quali sono), ma per i miei gusti (almeno quelli attuali, quindici anni fa avrei avuto un altro atteggiamento) è troppo cerebrale e volutamente freddo (caratteristiche che il film non fa nulla per evitare, anzi).

Un altro punto importante è chiarire cosa significhi adattare un romanzo (o una graphic novel, come in questo caso). E' un argomento su cui dibatto fin dai tempi de Il Signore degli Anelli e ho una posizione netta sulla questione. L'idea che un buon adattamento significhi trasportare scene pari pari dalla parola scritta al cinema è sostanzialmente una fesseria. Tranne pochissime opere (chessò, dei noir/thriller tratti da racconti brevi), non è possibile pensare di prendere degli spezzoni, metterli insieme senza avere tutto il sottotesto psicologico dell'opera originale e convincersi che in questo modo si realizzi una pellicola convincente, in particolare per un'opera complessa e variegata come questa. Troppo diversi i due mezzi di espressione perché il gioco riesca e peraltro non mi è comprensibile perché susciti tanto entusiasmo fare un lavoro che anche mio nipote di 8 anni potrebbe eseguire. Insomma, siamo tutti capaci di fare un copia-incolla tra le nostre scene preferite (una sorta di greatest hits) e poi dire a qualche scenografo/costumista/responsabile degli stunt di copiare pari pari quello che c'è nel fumetto (e magari si risparmiano anche tempo e soldi per gli storyboard). Peraltro, tutto questo porta a chiedermi cosa ci si attende dalla visione di un film. Io, generalmente, vorrei che mi sorprendesse, ma come può farlo se ho già visto e sentito tutto nella fonte artistica originale? E poi, se la trama viene ripresa pari pari (con tutti i buchi necessari per non farlo diventare un film di 12 ore), ma l'effetto non è lo stesso, possiamo ancora parlare di film fedele? Era il dubbio che mi veniva leggendo diversi fan entusiasti che avevano visto il film.

E soprattutto lo stupore nel leggere alcune rece entusiaste tutte uguali, in cui sostanzialmente si sosteneva con i soliti termini mirabolanti che è "il sogno bagnato di ogni fan". Ora, a parte sperare che l'umanità (fan o non fan) abbia esperienze bagnate più coinvolgenti di una pellicola, mi chiedo: ma chi decide cosa deve piacere a un fan? Qualcuno è in grado di dire che milioni di persone si aspettano e vogliono tutti la stessa cosa? Inoltre: perché si parla sempre del film come se il solo fatto di esistere lo rendesse un'impresa? Non è che si sta pensando che l'idea di un adattamento di Watchmen deve per forza essere "metti il più possibile della graphic novel originale e poi cerca di dare un senso a questo copia e incolla"? Ora, senza arrivare agli estremi di David Cronenberg (ma pensate se avesse dovuto adattare 'fedelmente' Il pasto nudo), che sosteneva di "dover tradire un romanzo per essere fedele", è forse proprio il punto di partenza a lasciarmi perplesso. Più che preoccuparsi di far notare al fan, riprendendo interi dialoghi pari pari, che il fumetto lo si è letto cento volte, forse l'atteggiamento più corretto per una storia come quella di Watchmen sarebbe di estrapolare alcune tematiche importanti, approfondirle bene nel film e non preoccuparsi di tante altre cose presenti nel fumetto e che non sono inseribili in due ore e mezzo di pellicola, non solo per ragioni di tempo, ma anche per questioni di importanza (se voglio mettere 100 cose, magari ci riesco anche, ma rischio di non sottolineare adeguatamente le 2 o 3 che considero più importanti).

Personalmente, trovo che nel fumetto di Watchmen ci siano due idee molto forti. La prima, come è chiaro a tutti, è che la distizione tra bene e male è quanto più confusa ci possa essere in un prodotto del genere, sia nei personaggi che nella storia (e non solo nel finale). Ma la seconda è forse quella che mi interessa maggiormente. Tutti i protagonisti, nessuno escluso, vivono con difficoltà il rapporto tra passato e presente. E' un tema evidente anche nella costruzione del fumetto, considerando che interi capitoli sono dedicati alle origini di Rorschach o del Dr. Manhattan. In sostanza, quello che emerge nei personaggi è un senso di rimpianto per un passato che non c'è più (Gufo Notturno, in parte Il Comico), ma soprattutto per un passato che si sarebbe voluto diverso (Rorschach, Spettro di Seta II). Insomma, un fortissimo senso di malinconia, decisamente un'anomalia rispetto alla generale euforia dei prodotti supereroistici.

Ora, ovviamente nessuno vuole spiegare a Zack Snyder quali siano le tematiche da preservare nel suo film. Ma si spera che lui ne abbia già scelta qualcuna (anche diversa) su cui voglia puntare. Il punto è tutto qui. Snyder procede per quantità (leggi, voglio mettere più cose possibili del fumetto) che per qualità (voglio approfondire, sapendo che non potrò mai essere così ricco e introspettivo in due ore e mezzo). E così, per chi conosce bene la graphic novel, significa quasi due ore e mezzo in cui non assisti praticamente a nessuna sorpresa e procedi su binari che conosci a memoria. E' una sorta di "unisci i puntini da 1 a 50 e vedi cosa viene fuori". Magari conosci tutti i puntini possibili e Snyder non fa nulla per cambiargli posizione, così non fai altro che pensare "adesso succede questo, poi avviene quest'altro, a quel punto allora tizio dirà quelle parole e caio reagirà in quel modo". E la figura definitiva che si ottiene unendo i puntini, beh lo sappiamo qual è, no? Ovviamente, c'è chi vuole vedere proprio questo al cinema ed è una posizione rispettabilissima. Ma non è la mia. Anche perché non si tratta soltanto di trama. Anche i dialoghi sono pressoché identici e se per lo più la cosa non è un problema, in alcune occasioni è una scelta che chiaramente non funziona, perché troppo prolissi o poco naturali in una pellicola. A tratti si ha l'impressione che gli attori non siano perfettamente convinti delle loro azioni o di quello che dicono, ma che debbano seguire un copione predeterminato da altri. Ora, considerando la filosofia del Dr. Manhattan, qualcuno magari dirà che è un effetto voluto, ma qualsiasi siano le intenzioni, personalmente ritengo che i risultati non siano perfetti per quanto riguarda gli interpreti (argomento che approfondiremo alle 20 con un articolo completamente dedicato a personaggi e relativi attori).

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E qui entra in gioco un concetto importante nel discorso 'fedeltà'. Cosa succede se le scene sono identiche a livello di trama rispetto al fumetto, ma comunicano qualcosa di estremamente diverso? Per esempio, in una fondamentale sequenza tra Edward Blake e Sally Jupiter, nel fumetto la reazione dell'uomo risulta derivante dall'ira, mentre nella pellicola a un certo punto sembra che si diverta semplicemente a far male (anche perché, come già detto, se Snyder può ampliare le scene di violenza lo fa e direi anche con gusto). E se lo stesso Blake, in un dialogo con il Dr. Manhattan o in quello con Moloch, dice delle cose praticamente identiche alla graphic novel, ma senza la convinzione necessaria, funziona ugualmente? Risposta: non proprio. Così come non sarebbe stato male modificare quei pochi aspetti del fumetto che non mi hanno mai convinto (come le prove che dimostrano chi è il colpevole di tutto il complotto, che si trovano in un luogo e in una situazione poco credibili).  

A un certo punto, poi, si sfiora il ridicolo. Ha senso rimanere a sentire per due minuti Rorschach che racconta la barzelletta su Pagliacci, che sarà anche emblematica/metaforica, ma che non serve a nulla nella narrazione, se non voler dimostrare ai fan di conoscere il fumetto a memoria? Invece, quando si sceglie di modificare qualcosa, spesso i risultati sono incoraggianti. Per esempio, durante l'intervista televisiva al Dr. Manhattan, una variazione permette di rendere il suo sconvolgimento più netto e intenso. Molte scene però non convincono, perché sembrano costruite male e poco naturali. Penso all'incidente in laboratorio, che dà origine al Dr. Manhattan. O all'attentato a Ozymandias, probabilmente la seconda scena più brutta del film.

Insomma, devo dire che vedendo questo lavoro, ho pensato sinceramente a una saga importante: quella di Harry Potter, soprattutto per quanto riguarda i primi capitoli. Evitiamo ovviamente confusione, il film di Watchmen e quelli di Harry Potter sono diversissimi tra loro e certo non paragono le due storie. Ma le profonde differenze nascono dal materiale di partenza di Alan Moore e di J.K. Rowling, mentre è pressoché identico il procedimento per portarle sullo schermo: copia e incolla a manetta, così tutti (si fa per dire) sono contenti.

In tutto questo, il lavoro di Snyder è altalenante e contraddittorio. Tanto che ti viene da pensare che nella pellicola ci siano due registi diversi. Da una parte, abbiamo quello che decide di aprire lo scenario Vietnam con... La cavalcata delle valchirie. Ovvio il riferimento ad Apocalypse Now, ma Snyder dovrebbe sapere che citare così chiaramente una pellicola è roba da parodia di serie Z e rischia di diventare involontariamente ridicolo (soprattutto se in quel momento la fotografia è falsissima). E che dire dei continui siparietti di Richard Nixon e soprattutto del suo naso finto, roba che in confronto quello di Nicole Kidman in The Hours non si notava per niente? D'accordo, non è che Frank Langella sia sempre disponibile, ma comunque l'importante sarebbe ottenere un'interpretazione e non un'imitazione. In altre situazioni, delle idee funzionano alla grande. La cosa migliore è una piccola perla che quasi nessuno noterà. Verso la fine del film, Ozymandias osserva attento una serie di schermi televisivi. In uno di questi, per pochi secondi, si vede lo storico spot della Apple girato da Ridley Scott e ispirato a 1984 di George Orwell (se volete vederlo, ve ne avevamo parlato qui). E' un'idea ispiratissima e che in maniera subliminale comunica decine di cose importanti. Ma anche altre scelte leggerissime sono intelligenti. Penso a come viene risolta una faccenda in una toilette di una prigione (bella tensione e ironia, con un punto di vista più esplicito che nel fumetto) o all'ultimo momento in cui compare la scritta Veidt sullo schermo (anche qui, vengono dette tante cose importanti senza parole). Magari, la fotografia avrebbe potuto citare maggiormente le atmosfere del cinema americano degli anni settanta (Taxi Driver in primis), ma va detto comunque che il lavoro svolto da Larry Fong è meno patinato di quanto avrei potuto temere. Non sono invece convintissimo di alcuni effetti speciali, che talvolta mi sembra manchino di concretezza, in particolare per quanto riguarda il Dr. Manhattan.

Quello che non funziona sono sesso e violenza. Cosa dovrebbero dimostrare far vedere delle ossa che si spezzano, degli arti tagliati, delle budella attaccate al muro e tanti altri momenti 'raffinati' con uso abbondante di sangue (sembra quasi che ci sia un obbligo contrattuale a mostrare ogni cinque minuti la "salsa di fagioli umana")? Vuoi dimostrarmi che sei coraggioso e che non hai paura dei censori? Purtroppo, al cinema la violenza è un tema delicato e non per i tanti milioni che ti fa perdere un visto censura poco favorevole, ma perché rappresentata male diventa pura speculazione e voyeurismo. Anzi, esagerando si richia di sembrare anche compiaciuti e favorevoli, rispetto magari alla violenza secca dei disegni di Dave Gibbons. Ma, francamente, col sesso (altro argomento su cui è meglio sfumare se non si hanno idee di regia interessanti) va anche peggio. Una scena che dovrebbe essere buffa risulta solo squinternata e ricorda per come è poco convincente Moretti e la Ferrari in Caos calmo. Ma quella successiva è decisamente la peggiore di tutto il film ed è roba da soft porno ridicolo, peraltro con un utilizzo di Hallelujah di Leonard Cohen decisamente straniante. La cosa folle è che Snyder si prende un divieto ai minori di 17 anni negli Stati Uniti non per delle cose che migliorano il film, ma per delle scelte che lo peggiorano decisamente. Vai a capire il senso...

A proposito delle canzoni, il loro utilizzo merita un paragrafo a parte. The Times They Are A'Changin di Bob Dylan funziona straordinariamente bene nella scena migliore del film. Anche All Along The Watchtower e The Sound of Silence, pur non essendo opzioni originalissime al cinema, sono decisamente efficaci. Peraltro, va dato atto a Snyder di aver scelto molto bene tra le varie versioni disponibili (soprattutto per quanto riguarda Dylan, che magari per uno stesso brano ha decine/centinaia di variazioni concertistiche e non). Tuttavia, in altri momenti i brani scelti non sono efficaci, anche se non è tanto questione delle canzoni in sé. Certo, di Desolation Row rifatta dai My Chemical Romance potevamo tranquillamente fare a meno (e come modo di chiudere sui titoli di coda una storia del genere lascia perplessi). Ma il problema è che ogni tanto, dopo scene di atmosfera (magari su Marte) all'improvviso sbuca dal nulla una canzone, con un effetto delicato come un elefante in un negozio di cristalli. Sembra quasi che Snyder abbia pensato di dover mettere dei brani per forza, solo perché erano citati nella graphic novel, e magari perché è utile per aumentare le vendite della colonna sonora.

E arriviamo al finale. C'è chi si è lamentato per un cambiamento fatto, ma a mio avviso la scelta compiuta è un punto a favore, non solo per l'eliminazione di qualcosa di tentacolare (e che al cinema rischia di diventare poco credibile), ma per il fatto di aggiungere un'idea intelligente. Va detto che dopo due ore in cui mi sembrava che qualcuno mi leggesse un libro illustrato che conoscevo a memoria, qualsiasi cosa che uscisse da quei binari probabilmente l'avrei accettata con enorme entusiasmo. Il problema è che manca il pathos. Di fronte a eventi sconvolgenti, sembra che tutto si debba risolvere con qualche scazzottata. Ma i personaggi riescono veramente a provare le emozioni che dovrebbero?
In effetti, torniamo al discorso fondamentale di questo adattamento. Che è per certi versi brillante e decisamente interessante. Ma che di sicuro sembra troppo interessato a colpire duro piuttosto che a emozionare. O a omaggiare sentitamente il lavoro di Alan Moore e Dave Gibbons. Ma senza farlo nel modo migliore e più duraturo, ossia creando una storia che viva di luce propria....

Per tutte le informazioni sul film, il cast, la trama, le foto, le recensioni, le numerose locandine e i video vi rimandiamo alla nostra scheda.

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