Watchmen 1x03 "She Was Killed By Space Junk": la recensione
Sul terzo episodio di Watchmen piomba la presenza fortissima di Laurie Blake, che regala l'episodio più intenso.
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"Ma dottore, Pagliacci sono io"
Dopo un secondo episodio che serviva a dare più profondità all'ambientazione, Watchmen apre qualche spiraglio in più nel proprio universo. Ed è una boccata d'aria fresca quella rappresentata dalla ex Spettro di Seta II. Laurie Blake, qui interpretata da un'ottima Jean Smart che già forma una coppia perfetta sullo schermo con la Angela di Regina King, è la new entry di cui la serie aveva bisogno. Oltre ad esercitare una forza propulsiva non indifferente sull'intreccio, il personaggio rappresenta il collegamento necessario con il passato della serie, quella mitologia che lo show probabilmente continuerà a consegnarci con il contagocce.
In realtà è proprio l'idea del passato ad aggredire ogni spazio privato e professionale della vita di Laurie. Dal gufo che tiene ingabbiato, molto simbolicamente, in casa, a giocattoli sessuali ispirati al superuomo blu, alla stessa attività di cacciatrice di vigilanti. Il senatore Keane – tipo un po' sospetto in verità – la contatta per fare luce sull'uccisione del commissario Crawford. Ed ecco quindi il collegamento con la storyline principale. Era l'impulso che serviva all'intreccio per crescere in intensità. Laurie è un personaggio forte, capace di infondere più importanza ad ogni ambientazione o protagonista con il quale entra in contatto. Lo vedremo sia nel corso di un aggiornamento all'unità di polizia, sia durante un attentato al funerale.
La storia tende quindi ad aprirsi con naturalezza, inglobando la minaccia di presunti vigilanti, che potrebbero oppure no essere collegati agli emuli di Rorschach, e gettando un'altra ombra su Crawford. Su tutto rimane la presenza sfuggente di Dr. Manhattan, stabilitosi su Marte, a coltivare la propria solitudine divina mentre gli umani gli rivolgono preghiere forse inascoltate guardando al cielo notturno. Forse solo nel lento crogiolarsi in un passato che non ritorna – e che forse risponde agli spettatori che potrebbero lamentarsi dell'approccio alla storia – troviamo un punto in comune con Adrian Veidt, che per la terza settimana rimane un netto, ma esilarante, punto interrogativo.