Wasteland 3, per chi ama il classico sapore di post-apocalittico | Recensione

Wasteland 3 è un gioco di ruolo estremamente interessante, nonché uno strategico a turni piuttosto classico nell’impostazione, ma indubbiamente funzionale

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Wasteland 3, per chi ama il classico sapore di post-apocalittico | Recensione

A grandi linee, l’esperienza proposta da Wasteland 3 è piuttosto canonica, coerente con quelle che sono le aspettative degli appassionati del genere in generale, dei fan della serie ora stabilmente nelle mani di inXile Entertainment nel particolare.

Il setting, il nevoso Colorado al posto della desertica Arizona, piccole novità nel gameplay e un’interfaccia pesantemente ricalibrata, non hanno scalfito il buon mood del brand, tagliente e disarmante come una battuta irresistibile sull’ex con cui ci si è lasciati da tempo, ma che segretamente si ama ancora follemente.

Il mondo post-apocalittico tratteggiato dagli sviluppatori è una fucina di cliché e stereotipi ereditati da una certa letteratura e da certa cinematografia degli Anni ’80 e ’90, immaginario riprodotto a regola d’arte per gettare le basi, dichiaratamente trash e tenuamente demenziali, su cui poggia l’arco narrativo di cui si alimenta la titanica avventura di cui prenderete parte, completabile in non meno di quaranta ore, che diventeranno sessanta se ci si mette in testa di completare ogni quest.

Si sghignazza senza ritegno in innumerevoli situazioni, durante decine di dialoghi, esplorando avamposti che lodano un antico presidente degli Stati Uniti come fosse una sorta di divinità. Eppure, al tempo stesso, grattando la superficie comica, si scopre un mondo annichilito, inferocito, prigioniero di sé stesso.

La forza della sceneggiatura di Wasteland 3, non sempre brillante questo è evidente, si cela proprio nel sottotesto, nel non detto, nell’ironia che sfocia i un black humor quasi terrificante. Non mancano passaggi a vuoto, figure fin troppo caricaturali, siparietti comici quasi imbarazzanti. Eppure per la maggior parte del tempo si sorride amaramente, mentre ci si sporca le mani in un mondo post-apocalittico in cui si accorge, drammaticamente, quanto l’etica e la moralità dipendano molto dal contesto di riferimento.

[caption id="attachment_216551" align="aligncenter" width="1000"] L’avventura è affrontabile in co-op, dividendo il controllo del party con un proprio amico[/caption]

Parliamo, non a caso, di uno strategico a turni che punta fortissimo su una trama soggetta a continui stravolgimenti, dettati dalle decisioni prese dall’utente, costantemente chiamato a prendere una posizione, a scegliere uno schieramento, a modellare il proprio concetto di giusto e sbagliato.

La componente ruolistica non è affatto secondaria. Se sul campo di battaglia il tutto si muove entro confini piuttosto noti, la cui unica e rilevante novità rispetto al prequel e il ricompattamento dei turni divisi per squadre e non più dettati, nell’ordine, dai parametri delle singole unità, ad appassionare anche il meno avvezzo al genere ci penseranno proprio i bivi narrativi, sempre tragici nel preannunciare conseguenze antitetiche ed estreme.

Come ogni gioco di ruolo che si rispetti, fatto salvo per alcune situazioni predeterminate, potrete risolvere ogni problema con diplomazia e carisma, piuttosto che con proiettili e bombe, a seconda dell’approccio alla situazione e, soprattutto, alle skill del personaggio.

La gestione dei membri del party, che potrete creare pescando a piene mani da un campo base che andrà popolandosi ed ampliandosi a mano a mano che procederete nell’avventura, segna un altro cambiamento rispetto al prequel. Molte ramificazioni sono state tranciate di netto, comportando un sostanziale appiattimento del gameplay. Non va considerato di per sé un difetto, visto che rende il gioco più accessibile e l’esplorazione di alcune aree più ritmata, dal momento che un team ben equilibrato potrà cavarsela in quasi ogni situazione gli si pari di fronte, ma è una caratteristica che per forza di cose indispettirà gli affezionati al genere più intransigenti.

Esplorazione, dicevamo. Wasteland 3 si apre, pur timidamente, all’open-world. Fatto salvo per le città in cui potrete parlare con ogni personaggio, sempre a caccia di quest secondarie, e dove dedicarvi alla gestione e potenziamento dell’equipaggiamento, il Colorado è per lo più un territorio da battere palmo a palmo, consapevoli che si può essere preda di un’imboscata o che ci si può imbattere in prezioso loot stando ben attenti a guardare in ogni anfratto.

Il Kodiak è un carro armato indispensabile per spostarsi rapidamente da un punto all’altro della mappa, ma torna utile anche in battaglia, se ben schierato, per fornire fuoco di soppressione o abbattere in una sola mossa interi gruppi di nemici.

[caption id="attachment_216552" align="aligncenter" width="1000"] Wasteland 3 esagera sul fronte del loot: fin troppi oggetti, armi, equipaggiamento. Per una volta avremmo preferito meno item, più diversificati tra loro[/caption]

Wasteland 3 è insomma un gioco di ruolo estremamente interessante, nonché uno strategico a turni piuttosto classico nell’impostazione, ma indubbiamente funzionale. Tenta di innovare la formula, introducendo una componente stealth nei combattimenti, spesso fondamentale per occupare punti strategici dello scenario prima di far scattare l’attacco a sorpresa, ma si tratta di una feature evidentemente introdotta quando lo sviluppo era già avanzato e che si applica con fin troppa leziosità in contesti predeterminati.

Tra i difetti del gioco, a questo proposito, vale la pena citare tempi di caricamento insospettabilmente prolungati, un’interfaccia a tratti poco chiara, un level design mai particolarmente originale.

Wasteland 3 è il passaggio intermedio di una saga che si appresta a spiccare il volo. Fin troppe sbavature ne rivelano la natura quasi indie, limitata da fattori di tempo e budget. Eppure il fascino magnetico proiettato dall’ambientazione e trama è tale che persino chi non è solito destreggiarsi con produzioni simili dovrebbe dare una chance alla creatura di inXile Entertainment.

Mai come in questo caso siamo di fronte ad un prodotto tanto imperfetto, quanto dotato di carattere e di uno stile proprio, per quanto volutamente derivativo.

Uno strategico classico ed insieme originale. Un’avventura tutt’altro che perfetta, ma che vi godrete comunque dall’inizio alla fine.

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