Warriors of the rainbow - la recensione

[Venezia 2011] Da Taiwan arriva Seediq Bale, un film d'epoca e d'epica lontano dalla sensibilità asiatica e più vicino a quella statunitense...

Critico e giornalista cinematografico


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Il primo grande film epico taiwanese su un pezzo di storia di Taiwan (prodotto da John Woo) è un film davvero poco cinese o anche solo poco asiatico. Il modo con il quale guarda ai suoi eroi e ai suoi cattivi, infatti, ha un che di puramente americano.

Non si tratta di una scelta di individualismo eroico quanto proprio di un modello espressivo che oscilla tra L'Ultimo dei Mohicani e Apocalypto (senza chiaramente essere a livello di nessuno dei due) nel raccontare la rivolta di un gruppo di nativi delle montagne taiwanesi contro i coloni giapponesi nel 1930.

La rivolta è destinata a finire nel sangue fin dall'inizio e i riottosi lo sanno, il punto è che sono stufi di essere "civilizzati" e sottomessi e preferiscono andare nel regno dei cieli ma guadagnandosi la gloria. Succo del discorso: i 300 spartani seediq bale si batteranno eroicamente e con grande pianificazione contro l'esercito giapponese, che per farli fuori ricorrerà alla contraerea e alle bombe a gas da opporre alle lance.

Anche passando sopra ad effetti speciali talmente malfatti da tirarti fuori dal film ogni cinque minuti (incredibile se si pensa al budget da 25 milioni di dollari) e a una lunga serie di canti tradizionali che contrappuntano l'azione, Warriors of the rainbow - nonostante sia un film costantemente sul piede di guerra - non riesce mai a toccare. Facendo fare ai cattivi cose buone e ai buoni cose cattive getta forse il cuore oltre l'ostacolo, pianificando una complessità che non riesce a gestire sapientemente. Il risultato è una certa confusione e quasi zero possibilità di adesione sentimentale.

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