Warrior Nun (prima stagione): la recensione
Un'ottima protagonista non basta a Warrior Nun per ottenere quella forza propulsiva di cui avrebbe bisogno
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
L'unica pretesa possibile da una serie in cui un ordine di suore ammazza i demoni è che sia divertente, ma purtroppo Warrior Nun non lo è. Per dieci episodi, la trama della nuova serie Netflix scorre a fatica, trascinata da una seriosità autoimposta, incerta su quel che vorrebbe raccontare. Debole nella scrittura, superficiale nella messa in scena, la serie si affida alla sorprendente ed energetica presenza della protagonista Alba Baptista. Ma non è abbastanza per garantire allo show quella forza propulsiva di cui avrebbe avuto bisogno.
Ma il percorso è anche stranamente raccontato in modo dimesso e serioso, come se ci fosse una reale gravità da scoprire in questa battaglia. Gravità anche ricercata, va detto, almeno tramite la presenza di una sottotrama in cui una scienziata cerca di creare un passaggio con l'aldilà per poter rimanere in contatto con il figlio morente. È un tentativo lodevole, e la serie ha il merito di crederci davvero tanto, ma non si adatta comunque a tutto il resto. Warrior Nun, che fin dal titolo chiederebbe per sé una leggerezza totale e la possibilità di lasciarsi andare al puro intrattenimento, soffre tanto questi momenti e sembra non respirare mai.
Nel rifiutare del tutto una coolness alla quale la trama chiederebbe di appoggiarsi, quel che avremo invece sono generici demoni mostruosi e spade blu, e in quantità nettamente minore a quanto era lecito attendersi. Peraltro la serie ha il demerito di concludere la stagione in modo talmente brusco che sarà difficile non pensare che siano stati tagliati gli ultimi cinque minuti.