Warcraft - L'inizio, la recensione

Precisissimo nella fusione di digitale e analogico ma non altrettanto nella creazione di una mitologia e dell'epica, Warcraft - l'Inizio è un buon film senza identità

Critico e giornalista cinematografico


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La Blizzard non ha avuto mezze misure, Warcraft - L'inizio (come dice il titolo italiano) è palesemente il primo capitolo di una storia più grande, nessuna delle trame principali verrà realmente chiusa e tutto è rimandato almeno a un altro film. Idea coraggiosa, specie considerato quanto poco questo film di Duncan Jones riesca ad avere una propria personalità.

L’idea che sulla carta avrebbe dovuto distinguerlo da tutte le altre saghe fantasy in circolazione era il fatto di mettere in scena una guerra e saper stare da entrambe le parti dello schieramento, poter parteggiare sia con gli orchi che con gli umani (che poi è quel che si può fare nei videogiochi). Eppure non è realmente così. Pur avendo un “buono” in entrambe le fazioni è sempre molto chiaro come esistano dei veri cattivi e dei veri buoni, quale cioè sia il popolo dalla cui parte è opportuno schierarsi. E non è nemmeno una grande sorpresa scoprire quale dei due sia.

Insomma questo che a tutti gli effetti è un film d’animazione con alcuni attori reali, riesce nell’impresa di assumere le sembianze di un’opera in live action e basta

Warcraft - L’inizio mette in piedi un immaginario modernissimo nella tecnologia, che impiega la CG ad un livello alto e con una pervasività tale da annullarla. Tutto nel film è computer grafica fotorealistica al punto che nulla sembra esserlo, al punto che questa è così ubiqua da donare ad ogni elemento il medesimo tono, creando un mondo coerente invece che uno che appaia per quel che è, cioè l’unione tra analogico e digitale. Insomma questo che a tutti gli effetti è un film d’animazione con alcuni attori reali, riesce nell’impresa di assumere le sembianze di un’opera in live action e basta, anche grazie a qualche tono e qualche trovata di fotografia da fantasy anni ‘80.

Che però il più grande trionfo del film sia tecnologico la dice lunga sulla capacità dell’intreccio di appassionare. Jones insegue a perdifiato l’epica con uno sforzo encomiabile ma fallimentare. La cerca nelle grandi panoramiche, negli agguati annunciati da uno sguardo maligno dall’alto del burrone, dai salti sui grifoni volanti (già visti nel trailer), dalle scene madri, le vendette, la coolness dei personaggi e dalle imprese incredibili, eppure non riesce mai a trovarla realmente. Nonostante a Warcraft - l'Inizio non manchi l’azione, lo stesso non riesce a trovare mai quel senso dell’avventura e dell’eroismo di cui avrebbe molto bisogno. Non riesce infatti ad avere i toni dell’eroe il personaggio che sembra designato ad esserlo, l’Anduin Lothar dell’impalpabile Travis Fimmel, e non ha un percorso convincente di trasformazione in un eroe il giovane mago di Ben Schnetzer. Ancora, non è nemmeno un buon personaggio ambiguo o solo reverenziale come desidererebbe essere il Guardiano, interpretato da Ben Foster (il peggiore di tutto il cast), più simile a un arrogante bullo da scuola che ad una figura temuta e rispettata.

Rinunciando completamente a ogni parallelo con le messe in scena videoludiche, eccezion fatta per qualche panoramica da strizzata d’occhio e per qualche sporadica citazione (la miniatura del mondo in cui il re pianifica la battaglia ha celle esagonali), questo film che sembra rielaborare la trama del primo videogame della serie e che trabocca di dettagli e creaturine tratte dall’immaginario visivo di Warcraft, è a tutti gli effetti molto più debitore a Il Signore degli Anelli di Peter Jackson che ad altri mondi e linguaggi. Solo che da quel film a cui quasi tutte le grandi avventure epiche del nuovo millennio hanno succhiato inquadrature e trovate, ma anche la maniera di mettere in rapporto musica e azione, non riesce mai a rubare l’ampio respiro. A dispetto di un mondo vasto (anzi di due mondi vasti), vediamo solo piccoli pezzi, porzioni di mappa, angoli o spazi ben confinati, non ne percepiamo la grandezza e nemmeno l’esotismo. A dispetto di classi, categorie e luoghi evocati non percepiamo mai una vera mitologia.

Il motivo probabilmente va ricercato nella scarsa creatività delle ambientazioni. Perchè se almeno il design degli orchi qualcosa inventa rispetto agli standard del cinema (ma nessuna illusione, tutte le idee vengono dritte dai giochi), il resto è una specie di rivisitazione delle favole in live action prodotte dalla Disney: armature, castelli, re e principesse agghindati come protagonisti di fiabe più che come reali esseri umani, più Biancaneve che Il Trono di Spade.

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