Voyagers, la recensione

Solo superficialmente di fantascienza Voyagers è un film che non riesce mai ad affrontare i temi che mette sul piatto e quando è in crisi si rifugia nell'azione

Critico e giornalista cinematografico


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C’è un sottotesto politico molto evidente in Voyagers ma è chiaro da subito che non gli interessa più di tanto. Un gruppo di ragazzi, adolescenti, viaggia dentro un’astronave verso un nuovo mondo, gestito da pochi adulti, la maggior parte dei quali sono quelli che li hanno spediti a colonizzare altri pianeti. Vivono in un regime di regole molto stretto e sono sedati in modo che in quegli ambienti stretti gli ormoni, la rabbia e tutto quel che caratterizza quell’età non scoppi creando grandi problemi. Qualcuno comincia a non farsi più sedare e pensare chiaramente; emerge una voglia di libertà che fa il paio con gli omicidi, l’imposizione della legge del più forte e il disprezzo per le votazioni come strumento per prendere decisioni.

Le nostre emozioni sono ciò che ci caratterizza e non possono essere silenziate. Le nostre emozioni sono anche quello che ci condanna, la materia contro cui lottiamo ogni giorno. Voyagers funziona come un manifesto che ripropone temi eterni e ne introduce di nuovi.

Neil Burger che il film lo scrive e lo dirige finge soltanto di mettersi sulle spalle di Il signore delle mosche, in realtà quella storia è una di bambini lasciati soli che scimmiottano i grandi e mettono in pratica l’educazione repressiva che hanno ricevuto. Questa è invece la storia di una società utopica di ragazzi che è molto poco utopica. In cui viene mostrato cosa accade nelle società quando i sentimenti prendono il posto della ragione. Populismo, paura e dinamiche social media senza nemmeno internet. In questo senso è pienamente un film per ragazzi, uno cioè il cui reale argomento è la lotta e la convivenza con pulsioni irrefrenabili e visioni di mondo estreme.

Necessariamente manicheo, risolto a grana grossa e tutto indirizzato verso le emozioni forti da exploitation (paura, vendetta, rabbia e tensione erotica), Voyagers non è nemmeno una storia di fantascienza (di cui ha l’ambientazione e basta) ma quella di un amore contro tutti e, questa è forse la novità, di un impegno politico che si accompagna ad esso. Gli eroi della storia (gli scialbissimi Tye Sheridan e Lily Rose-Depp) non hanno solo l’ardore emotivo a caratterizzarli, ma anche un idealismo che li porta a rischiare tutto, oltre che per stare insieme come si conviene, anche per lottare contro l’imposizione di una dittatura e la marginalizzazione dei più deboli.

Tuttavia a Voyagers per dirsi propriamente un film mancano le immagini, si impegna a costruire corse (tante corse) e suspense in un labirinto di corridoi stretti molto funzionali all’enfatizzazione di problemi, rischi e tensione ma ha pochissimo altro da dire al di là del suo meccanismo. Ancora peggio pure il suo meccanismo non è così memorabile da farsi ricordare.

In chiusura una metafora biblica sull’arrivo alla terra promessa dopo lunghe peregrinazioni esiste solo nella testa dei volenterosi che vogliono crederci.

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