Volt - Che vita di Mecha 1, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi il simpatico Volt - Che vita di Mecha, nuova serie umoristica di Stefano Conte, alias The Sparker

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Seguiamo The Sparker, soprannome di un giovanotto che all'anagrafe conoscono come Stefano Conte, da un sacco di tempo. Chi vi scrive lo ha recensito la prima volta in una pillola radiofonica di una vita fa che si occupava di webstrip e cercava di infilarle tra i preferiti del vostro computer. Ha continuato, da quell'epoca che pare lontanissima, a disegnare e scrivere storie divertenti. Noi Robot, Uomo Pigro, Myth Cloth erano fumetti da ridere sulle storie della sua infanzia e della nostra, di trentenni o giù di lì nutriti ad anime e marmellata.

Tra qualche mese, Conte, sarà invece in edicola e in fumetteria con Volt - Che vita di Mecha, una storia non troppo difforme stilisticamente da quanto ci ha proposto in tanti anni di comics in rete, ma con una prospettiva leggermente diversa. In questo caso, non tanto una parodia diretta di questo o quel personaggio dell'immaginario collettivo nerd, ma una storia metafumettistica.

Volt, il protagonista, è infatti un robottino giovane, ma troppo adulto per non avere un lavoro e per vivere ancora a casa della sua mamma - dalle fattezze di Darth Vader - e dai poteri ancora più oscuri, come ogni mamma. Il problema è che il povero mecha vuole fare il fumettista e la cosa non è semplicissima. L'ideale e il sogno si scontrano con una realtà fatta di indigenza e di mammonismo. Non può durare, qualcosa deve cedere. Infatti, tra comici disturbi (non percepiti nella Forza) di mamma ed equivoci casuali, Volt troverà un lavoro che non vuole, ma che potrebbe dargli una mano nel diventare un fumettista migliore.

Ci mostra più o meno quel che sappiamo di The Sparker, questo primo numero di Volt. L'autore rimane fedele a quel che è sempre stato: un fumettista leggero, nutrito dalla cultura e dal tratto dei manga superdeformed, con un immaginario che spazia un po' dappertutto e addestrato alla Sacra Scuola Leo Ortolani del gusto registico della pagina. Tutte influenze perfettamente riconoscibili in questo prodotto, come in tutti i suoi lavori. Forse, un po' troppo riconoscibili a un occhio attento e mai pienamente composte in maniera organica. Volt è simpatico, come tutti i personaggi di Conte, che ha un senso dell'umorismo non particolarmente dirompente, ma mai stucchevole. Una definizione che potrebbe andare bene anche per il suo stile di disegno, che a noi ha sempre fatto molta simpatia.

Basterà questa simpatia a sostenere il progetto della sua serie saldaPress presto al debutto? Impossibile dirlo. Noi, certo, glielo auguriamo anche se abbiamo sempre avuto la sensazione che il suo fumetto, così aderente a se stesso per estetica e ispirazione, fosse il prodotto diretto e quasi immediato della sua personalità. Insomma, leggere le storie di Stefano Conte dà un po' l'impressione di incontrarne l'autore: o ti sta simpatico - e allora le apprezzi, perdonando le innegabili ingenuità - oppure non ce n'è. Il nostro consiglio è di dargli un'occasione, come fareste con uno sconosciuto dalla faccia allegra e sorridente. Lo troverete in anteprima, tra qualche giorno a Lucca Comics & Games 2016.

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