Vivants, la recensione | Festival di Venezia
Ritratto di una redazione, Vivants di Alix Delaporte disperde le pur buone intenzioni in una povertà narrativa di sconcertante piattezza
La recensione di Vivants di Alix Delaporte, presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2023
Impossibile, quindi, non ravvisare nella “novellina” Gabrielle (Alice Isaaz) un riflesso della stessa Delaporte, affamata d’esperienze lavorativamente stimolanti e trascinata nel caleidoscopio di personalità (spesso egotiche) che costituiscono la fauna della redazione. Caratteri diversi che, in un film basato praticamente solo sui dialoghi, divengono innesco e bomba di conflitti che sembrano sempre sul punto di deflagrare, senza però esplodere mai in senso definitivo.
C’è una netta differenza tra minimalismo e povertà narrativa, e un film come Vivants la esemplifica al meglio. Sebbene lodevole nel rigore del suo rincorso realismo (spezzato, come detto, solo dalla dozzinale pseudo-poesia del suo finale), il film di Delaporte ha il sapore dell’occasione mancata, un racconto la cui anima, pur solida e veritiera, non è riuscita a trovare la propria voce per comunicare col mondo e, quindi, emozionarlo.