Visions of Mana, la recensione: un nuovo punto di partenza per una saga storica

Visions of Mana è un'opera magari non perfetta, ma comunque in grado di divertire ed emozionare i fan dei GDR d'azione

Condividi

Per gli amanti dei giochi di ruolo nipponici dalle tinte action, l’annuncio di Visions of Mana deve essere stato qualcosa di incredibile. La serie “Mana”, nota in Giappone come “Seiken Densetsu” nasce infatti nel 1991 come spin-off di Final Fantasy per Game Boy. Di episodio in episodio, però, i numerosi elementi di rimando alla principale saga targata Square sono andati perdendosi, permettendo alla serie di ottenere un’identità propria. È proprio a questa identità che si sono affezionati una miriade di giocatori sparsi per il mondo. Giocatori affamati di titoli appassionanti ambientati in mondi fantastici. Storie di fate, magie, sacrifici e azione.

A distanza di quasi diciotto anni dalla release dell’ultimo episodio della serie principale (quel Dawn of Mana uscito nel 2006 su PlayStation 2), Visions of Mana sembra finalmente in grado di riprendere le fila del franchise. Un merito che non va attribuito solamente a Square Enix, ma anche a Ouka Studios, qui alle redini di un progetto molto importante. Un progetto che ha lo scopo non solo di stupire coloro che già amano questo franchise, ma anche tutti quei giocatori che potrebbero formare la fanbase futura. Dopotutto, per quanto nota, Mana è comunque una serie che è stata lontano dagli schermi per tanto tempo e che ora deve trovare una nuova identità a cavallo tra passato e futuro.

Nelle scorse settimane abbiamo avuto occasione di esplorare a fondo il titolo diretto da Ryosuke Yoshida e da Kenji Ozawa. Un mondo che, non lo nascondiamo, ci ha sorpresi più di quanto credessimo possibile. Siete curiosi di capire se ha senso recuperare il prima possibile Visions of Mana? Allora balzate in sella al vostro fidato Pikul e seguiteci in questa recensione sospesa tra sogno e realtà!

Il coraggio di osare

Visions of Mana è ambientato a Qi’Diel, un mondo fantastico popolato da diverse razze in armonia tra loro. Ogni quattro anni, però, una Fata si reca nei villaggi più importanti della regione per nominare un Alm. Gli Alm sono degli eroi che, aiutati dalle fidate guardie del corpo, devono recarsi all’Albero del Mana e offrire la propria anima per impedire l’avverarsi di una terrificante profezia. Quando la giovane Hinna viene scelta come tributo e Val come suo protettore, i due si avviano verso la meta con il sorriso sul volto. Dopotutto chi mai sarebbe triste all’idea di poter salvare tutti coloro che amano?

Se l’inizio di Visions of Mana ricalca i classici racconti fantasy, mano a mano che la storia procede la narrativa si fa sempre più profonda e più matura. Una scelta che prende anche un certo distacco dai capitoli precedenti della serie, ma che ammettiamo di aver particolarmente apprezzato. In un viaggio che per certi versi ci ha ricordato l’intramontabile Final Fantasy X, Visions of Mana emoziona e arriva persino a commuovere in alcune situazioni, creando un interessante mix tra la trama cupa e il comparto grafico tanto colorato e solare. Possiamo tranquillamente affermare di trovarci di fronte al Mana narrativamente più interessante di sempre. Un gioco fatto di personaggi carismatici, buoni dialoghi e di una sceneggiatura in grado di valorizzare tanto i protagonisti quanto il mondo che li circonda.

Fenomenali poteri cosmici... in un minuscolo spazio vitale

Bastano poche ore all’interno di Visions of Mana per capire l’enorme potenziale del titolo Ouka Studios e Square Enix. Peccato, però, che questo potenziale non venga mai espresso del tutto. I combattimenti sono molto divertenti e permettono di sfruttare appieno non solo le differenti abilità dei vari personaggi, ma anche le varie classi e le rispettive caratteristiche. Nonostante qualche boss fight risulti leggermente più ostica, la difficoltà generale dell’opera sembra tarata verso il basso. Un’affermazione che, purtroppo, rischia di danneggiare l’esperienza finale dei giocatori. Bastano infatti pochi colpi per mandare al tappeto gli avversari, privandoci quindi della gioia di capire se la nostra strategia di attacco abbia un valore o meno. Fortunatamente vi basterà alzare la difficoltà di un punto per scoprire quella che, probabilmente, è la versione originale del gioco voluta dagli sviluppatori.

Se in Visions of Mana si combatte tanto, è ancora più vero che l’esplorazione ha un ruolo ancora più dominante. Gli ambienti sono vasti e attraversarli è un vero e proprio piacere. Coadiuvati dal doppio salto in dote sin dall’inizio e dalla presenza dei Pikul, enormi lupi da sfruttare come cavalcature, muoversi per Qi’Diel è immediato e divertente. La grande quantità di strade secondarie e di scrigni nascosti, inoltre, aggiunte una struttura da metroidvania che dona valore all’intero progetto. Ci è capitato diverse volte di rallentare dalla narrativa principale per il puro gusto di esplorare, alla ricerca di qualche oggetto extra in grado di renderci ancora più ricchi e preparati al combattimento.

Nonostante non sia perfetto, il gameplay di Visions of Mana permette alla serie di muoversi nella giusta direzione. Peccato, però, che recenti informazioni lascino intendere che NetEase e Tencent vogliano chiudere Ouka Studios una volta terminato il supporto al gioco. Una notizia che, se confermata, potrebbe fare veramente molto male all’industria e alla saga. Una saga che, dopo tanto tempo, è finalmente riuscita a trovare una propria identità e a conquistare i giocatori sparsi per tutto il mondo.

La forza dei colori

Da un punto di vista puramente tecnico, Visions of Mana è un tripudio di colori. I modelli tridimensionali dei personaggi sono ben realizzati e vantano una notevole cura nell’estetica. Lo stesso non si può dire delle animazioni, talvolta un po’ claudicanti, e del frame rate, che su PC ha mostrato degli inspiegabili cali durante le sezioni più caotiche e le zone più affollate. In ogni caso, il colpo d’occhio è davvero notevole e, pur dimostrando un budget ridotto rispetto ad altri titoli realizzati con uno stile grafico simile a questo, riesce comunque a spiccare e a convincere. Ottima, invece, la colonna sonora di Hiroki Kikuta, Tsuyoshi Sekito e Rio Yamazaki, che con i suoi toni fiabeschi ci ha fatto innamorare di alcuni paesaggi e ha saputo valorizzare l’intero comparto narrativo.

Segnaliamo, infine, uno dei motivi per cui Visions of Mana non diventerà mai un gioco in grado di vendere cifre elevate in Italia: la mancata traduzione nella nostra lingua. Il titolo di Ouka Studios e Square Enix è doppiato in giapponese e in inglese, ma non presenta i sottotitoli in Italiano. Sia chiaro: l’inglese utilizzato è basilare e il gioco risulta facilmente comprensibile, ma si tratta comunque di un limite che avremmo preferito non trovare (soprattutto perché i trailer promozionali sono comunque stati tradotti).

Visions of Mana: il commento finale

Visions of Mana è la giusta ripartenza per la saga. Siamo di fronte a un titolo che, nonostante il budget ridotto, riesce a divertire, emozionare e, in alcuni casi, persino a sorprendere. Se amate i GDR d’azione, insomma, dovreste quantomeno tenere d’occhio questa piccola chicca che riscrive e perfeziona la formula originale dei Mana. A questo punto non ci resta che sperare che Ouka Studios non venga ingiustamente chiusa e che, anzi, possa essere proprio la realtà alla quale Square Enix affiderà i prossimi capitoli della serie. Lo meritano loro e lo meritiamo noi.

Continua a leggere su BadTaste