Vinyl 1x08 "E.A.B.": la recensione

Un ottimo episodio per Vinyl: la storia riprende quota e al centro, come sempre, la musica

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Spoiler Alert
Si inizia con uno scambio che sembra preso di peso da un film dei Coen (ma Richie è tutt'altro che un "uomo serio") e si prosegue con una parodia involontaria del momento più famoso di Un uomo da marciapiede. E in questi pochi minuti già emerge la summa di ciò che Vinyl, ormai in prossimità del finale di stagione, è stato. Da un lato grande stile, che in E.A.B. si riconferma grazie alla regia sentita e marcata di Jon S. Baird dall'altro citazioni e riferimenti all'immaginario anni '70, ora più sottili come quella sopra indicata, ora più marcate, come le ripetute apparizioni in scena dei miti della scena rock dell'epoca. È un taglio che fin da subito dimostra di prediligere la forma al contenuto, ma che questa settimana punta forte anche sulla trama, con almeno due svolte importanti per la storia.

Di ritorno dalla tremenda trasferta che li ha visti perdere una grossa somma, Richie e Zak cercano di riscattarsi. Il senso di colpa per l'errore commesso – in realtà noi conosciamo tutta la verità – spingono Zak a scendere da quel piedistallo sul quale, senza troppa difficoltà dato il comportamento inqualificabile di Richie, era salito. Per la prima volta dall'inizio della stagione si percepisce nettamente la voglia di fare, di costruire, di reinventarsi per sopravvivere. E ognuno agirà a modo suo. Zak in particolare riparte dal giovane che lo aveva tanto impressionato con la sua cover di Life on Mars. È difficile capire fino a dove la sincera ammirazione di Zak riesce a coprire i limiti dell'artista che ha di fronte, che si vorrebbe trasformare in una specie di epigono di David Bowie (nome d'arte Xavier).

Ma è comunque qualcosa. Il sintomo di un volersi riprendere, di un voler fare musica al di là dei grossi problemi economici dell'etichetta. È qui che le dinamiche più vicine al mondo della criminalità e delle indagini – che non ci avevano entusiasmato troppo a dire la verità – tornano a fare capolino in coda alla puntata, riportando l'entusiasmo ad una grave dimensione reale. L'assassinio di Buck Rogers da un lato, la richiesta di prestito che costringe a sacrificare parte della propria indipendenza dall'altro, e la trama che, messe da parte le splendide incursioni musicali spesso fuori dal tempo e dallo spazio torna a vincolarsi ai limiti dei suoi personaggi.

La musica, come sempre, rimane il collante di tutto, l'anima della serie che penetra sottile in ogni momento leggero o drammatico che sia, e si riprende il giusto spazio al centro della scena. Due momenti su tutti catturano la nostra attenzione: lo sfogo di Hal sul quale emergono le note di Take Me Home, Country Roads e la splendida sessione improvvisata di Lester, che guida i Nasty Bits e noi attraverso vari generi musicali. La musica, in tutti i sensi, è ciò che salva sempre e comunque i personaggi e la serie.

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