Vinyl 1x06 "Cyclone": la recensione

Sesto episodio della serie HBO: molti i cliché e le svolte prevedibili, ma Vinyl mantiene un grande stile

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Spoiler Alert
Tanto stile in Cyclone, sesto episodio di Vinyl, che inaugura la seconda parte di stagione della serie HBO. L'episodio si sdoppia nel presentarci gli eventi dal punto di vista di Richie e di Devon all'indomani della loro, momentanea, rottura. Lo stile della serie si adegua ai loro stati d'animo, con un ritmo scatenato nel caso del produttore discografico, perennemente strafatto, e più pacato nel caso della ex modella, che si rifugerà per alcuni giorni al Chelsea Hotel. Vinyl continua a vivere di sensazioni, lampi dal passato della musica rock, con una colonna sonora che sovrasta tutto il resto e più cliché di quanti ci piacerebbe vedere.

Ad esempio, il colpo di scena che arriva in coda all'episodio, nel quale scopriamo che per tutto il tempo Richie si è accompagnato ad un fantasma dal suo passato, un certo Ernst morto in un incidente stradale tanti anni prima, non ci coglie esattamente impreparati. In generale, quando la colonna sonora non spazza la scena portandoci in un'altra dimensione fatta solo di stile e note che dettano il ritmo della vita, è difficile empatizzare con vicende che abbiamo sentito raccontare più e più volte. È difficile anche perché, l'avevamo notato fin da subito, contrariamente a quello che spesso ha fatto Scorsese, qui non si racconta l'ascesa, ma solo la caduta. Il confronto, se arriva, è solo con dei flashback talmente falsi – nel senso che si riferiscono a un passato mitizzato – da non dirci comunque nulla.

Siamo quindi impantanati in un presente in cui Richie è l'unico a credere veramente di poter fare qualcosa per risollevare l'etichetta discografica. Idem per Devon, la cui fuga verso una modesta ribellione non ci racconta molto di più sul personaggio, e ha il solo effetto di spingerci a empatizzare verso i poveri figli che hanno avuto la sfortuna di ritrovarsi con due genitori così disgraziati. Allora, se di speranze si può parlare, queste vanno riferite a Zak e Andy, che nell'occasione incontreranno nientedimeno che David Bowie. E qui sono gioie e dolori. Da un lato Noah Bean fa un buon lavoro con il personaggio (che ovviamente è più di un personaggio, è un'icona), dall'altro vederci gettati addosso, spesso senza motivo, i vari Bowie, Warhol, Buddy Holly appare più come un facile rifugio per una scrittura che, concretamente, ha costruito poco.

Dove la serie, ora come in passato, si salva, è nello stile. C'è questo costante gioco tra musica percepita ed effettivamente suonata in scena che sorprende continuamente, che trova nuovi modi per stupire, e che ovviamente lavora con una colonna sonora da brividi.

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