Vinyl 1x02 "Yesterday Once More": la recensione

Secondo episodio per Vinyl, la nuova serie HBO continua a raccontare un difficile passaggio storico nella scena musicale

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When they get to the part
Where he's breaking her heart
It can really make me cry, just like before
It's yesterday once more

Nel suo essere calato in medias res in un contesto già spogliato di ogni genuinità e grandezza, Vinyl deve rifarsi necessariamente ad un passato mitico, probabilmente idealizzato, ma necessario per quelle figure che in pochi anni realizzano di essere scese dal treno della vita e faticano a rimanere in corsa. Da qui deriva il contrasto alla base del secondo episodio della stagione, Yesterday Once More, che poi è anche uno dei temi fondamentali sviluppati dalla nuova serie HBO. In ogni azione e momento, surreale o drammaticamente quotidiano che sia, riemerge il senso di un passato se non da riafferrare, quantomeno da rielaborare, per riappropriarsi di un presente che sta per sfuggire di mano. La canzone dei Carpenters che contiene il verso da cui prende il titolo l'episodio si riferisce in particolare ad un momento di turbamento e smarrimento di Devon che, facendo un bilancio della sua vita, si smarrisce per un attimo.

Non sarà l'unica. Il senso di dissonanza – che in una serie sulla musica vuol dire molto – tra aspettative e realtà, tra immaginario musicale e imbastardimento del settore, scende a cascata da tema generale e filo conduttore della storia per muovere le azioni di ogni personaggio principale. Lo è per Devon (Olivia Wilde) che, dalle nebbie di un passato in cui Lou Reed e Andy Warhol erano la norma, riemerge con espressione totalmente rinnovata nel doversi dividere tra le preoccupazioni per i figli e quelle per un marito che si accorge ancora di amare quando scopre che potrebbe essere in pericolo. Lo è per lo stesso Richie Finestra (Bobby Cannavale), che da un film di Bruce Lee incamera un'esaltazione rinnovata dopo l'esperienza quasi lisergica della notte precedente, quando è scampato per miracolo al crollo di un palazzo.

Se Devon dovrà accontentarsi per il momento di riavere il marito a casa sano e salvo, per Richie è tempo di riscossa. Il contratto di acquisizione con i tedeschi viene mandato all'aria in una sequenza eccessiva ed esilarante, tra improbabili botte sui nasi dei suoi collaboratori e una totale mancanza di diplomazia nei confronti degli ospiti europei. La squadra, compresa quindi Janie, viene riunita intorno ad un tavolo. Tutto comunica rottura con il passato e una voglia di rinnovamento che, ad un livello superiore, parla anche della serie di ciò che vuole raccontare: l'album dei Jethro Tull distrutto, una maglietta dei Black Sabbath che viene preferita a quella dei Pink Floyd, Richie che si rivolge ad un passato recente di grandi nomi (Yes, Emerson Lake & Palmer), ancora attuali all'epoca, ma non più "nuovi".

Richie Finestra si riconferma l'antieroe scorsesiano pieno di sé, tutt'altro che infallibile, pronto a crollare solo in conclusione, all'interno delle mura domestiche. D'altra parte emergono una serie di caratteri secondari che non passano inosservati. Le relazioni tra Jamie, Julius e i Nasty Bits (Richie ha accordato fiducia al progetto, ma a quanto pare il suo senso del giudizio sembrava confuso in quel momento) sono tra le più fresche, divertenti e dinamiche dell'episodio, favorite dalla sempre fluida regia del veterano Allen Coulter (la scrittura rimane ancora di Terence Winter). Da questo punto di vista, almeno per i primi venti minuti dell'episodio, Vinyl è un disperato quadro umano tenuto insieme da sensazioni musicali che convergono in un disegno comune e generale: dal cinema il nome di Richie diventa una firma che ci trasporta alla riunione alla American Century, quindi una telefonata che sposta il focus su Devon che scatterà più avanti negli anni '60 con un flashback. Comunque sia, su tutto, sempre la musica a tenere unita ogni cosa.

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