The Village

L'insuccesso di The Village sembra l'ennesima dimostrazione della volontà di buona parte del pubblico di accettare solo prodotti preconfezionati. In realtà , siamo di fronte all'opera più matura del maggior regista-sceneggiatore contemporaneo...

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Ormai, per Shyamalan è il caso di parlare di “maledizione del sesto senso”. Infatti, da quel fortunatissimo terzo film, molti si dichiarano delusi dalle sue opere successive, che vadano benissimo al botteghino (Signs) o invece si rivelino essere delle delusioni economiche, seppure non fallimentari (Unbreakable e appunto The Village).

Il problema, a mio modesto avviso, è a monte. Le aspettative verso questo regista sono diventate insostenibili. Tutti si aspettano un thriller mozzafiato, possibilmente con finale a sorpresa geniale.
E tutti si riempiono la bocca di cinema d’autore, cercando in tutti i modi di trovare per forza un percorso comune nei vari film di questo regista.
Peraltro i detrattori citano spesso la sua presunzione nel voler emergere a tutti i costi nei credits e nella promozione, mentre qualcuno gli rimprovera di copiare troppo (o tutto) dalle storie della serie originale de Ai confini della realtà .
Per quanto riguarda il primo punto, Shyamalan non sarà l’uomo più modesto del mondo, ma in un panorama in cui chiunque abbia una vaga idea di cosa sia una cinepresa può arrogarsi il diritto di firmare una pellicola con il celebre “A Film by”, non ci si può certo scandalizzare se si prende qualche merito una persona di grande talento come lui.
Per la seconda questione, avercene di registi che prendono ispirazione dalle geniale serie di Rod Sterling, invece di divorare solo Mtv e le pubblicità della Nike.

La verità è che, sebbene sia indiscutibile una coerenza stilistica e narrativa nella sua cinematografia, Shyamalan non fa lo stesso film. E decisamente non fa solo thriller.
Il sesto senso (a parte i morti e i fantasmi) è sicuramente uno dei prodotti migliori dedicati alla difficoltà di crescere di un bambino e non sfigura affatto, in questo senso, nel confronto con pellicole di Franà§ois Truffaut come I quattrocento colpi e Gli anni in tasca.
Unbreakable è il miglior film di supereroi mai realizzato (altro che i pur validissimi Batman, X-Men o Spider-Man 2), che si poneva concretamente il problema di cosa succederebbe se veramente esistessero degli uomini dotati di poteri eccezionali, ma senza trincerarsi dietro maschere e costumi.
Signs era un’interessante (seppur non avvincente come si poteva sperare) film sulla fede, oltre ad essere un efficace b-movie di fantascienza.
Ma mentre il pubblico non aveva problemi a credere in una storia di fantasmi e di bambini che parlano con i morti, per qualche motivo i supereroi e gli extraterrestri che hanno problemi con l’acqua sono roba per sempliciotti.

Non è difficile capire che qualcosa del genere è successo anche con The Village, in questo caso anche a causa di un trailer fasullo, che spacciava il film per un thriller paranormale.
In realtà , questi elementi fanno solo da contorno. Ci troviamo invece di fronte ad una bellissima storia d’amore, fede e utopia.
Una dimostrazione? Nella prima mezz’ora, quello che dovrebbe essere il momento più inquietante della pellicola fino a quel momento, viene trasformato dal genio di Shyamalan in una meravigliosa dichiarazione d’amore.
Ancora. Più che soffermarsi sulle “creature innominabili” (così venivano definite nei sottotitoli della versione originale che ho visto e probabilmente avverrà lo stesso nel doppiaggio), l’attenzione si sposta sull’analisi dei diversi caratteri, di cui percepiamo il fatto di volerci nascondere molti segreti.
A questo proposito, una scena muta nei primi minuti andrebbe studiata a scuola. Vediamo due giovani donne che spazzano, ma allo stesso tempo provano dei passi di danza. E’ evidente la loro volontà di uscire dalle ristrette gabbie della piccola comunità . Subito dopo, osserviamo una di loro mentre raccoglie un fiore e lo seppellisce immediatamente dopo in maniera inquietante (poi capiremo perché). Se lo avesse fatto un regista francese, magari nel banalissimo contesto del “due camere e cucina”, ovviamente si parlerebbe di “poesia”.

Inoltre, è incredibile la capacità di collegare le vicende. Una scena tra le due sorelle che sembra messa solo per l’esigenza di soddisfare il pubblico e non portarlo ad odiare una di loro, acquista invece tutt’altro significato alla luce della sequenza successiva.
Tutto questo, aiutato da un montaggio con molte ellissi intelligenti (opera dell’ottimo Christopher Tellefsen) e una fotografia superba del geniale Roger Deakins (che aspetta un Oscar da secoli e che prima o poi lo vincerà ).
La realtà è che il pubblico si aspettava un horror a tinte forti (se ci sono i boschi di mezzo, per qualche motivo dobbiamo essere dalle parti dello splatter) e invece si è ritrovata con un’opera da primo Peter Weir (come ha confermato lo stesso Shyamalan in conferenza stampa, le sue due fonti di ispirazione sono state Picnic a Hanging Rock e I compari di Robert Altman).
Certo, il finale può lasciare interdetti. Non tanto perché, come sostengono alcuni, è un inganno nei confronti dello spettatore (sfido chiunque a dimostrarmi che sia più improbabile di quello de Il sesto senso). Ma forse perché, con un minimo di attenzione, non è difficile capire dove si va a parare. Ma anche così, è bellissimo trovare una dichiarazione d’amore e di fede così pura e senza retorica.

Insomma, The Village non è piaciuto oltreoceano. E se Shyamalan è stato molto onesto oggi nell’assumersi le sue responsabilità (“Probabilmente, non ho soddisfatto una promessa fatta al pubblico”), non è improbabile che nel tempo questo film veda aumentare i suoi sostenitori.
Come merita.

P.S.
Sebbene stare ad ascoltare Shyamalan per un'ora sia uno dei massimi piaceri cinematografici possibili, credo che sia veramente difficile fare un articolo sulle sue parole senza spoilerare il film. Ma sono sicuro che domani sui giornali questi problemi saranno molti a non porseli, pensando che basti evitare l'ultima rivelazione e si possa parlare di tutto il resto del film. Siete avvisati...

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