Vikings 5x06 "The Message": la recensione

La recensione del sesto episodio della quinta stagione di Vikings, intitolato The Message

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Sei episodi archiviati in questa lunghissima quinta stagione. Un bilancio parziale s'impone, e non è detto che sia del tutto positivo. Il problema non è tanto la coerenza interna o l'interesse verso le vicende raccontate o l'intreccio più o meno avvincente. Il problema è capire qual è in questo momento il nucleo centrale di Vikings. Fino alla quarta stagione era facile. Ragnar era il protagonista assoluto: re, guerriero, esploratore, visionario. Si trattava di un personaggio capace di incarnare tutte le diverse sfaccettature del suo popolo, ed era estremamente semplice capire la storia e immedesimarci, perfino fare il tifo per un popolo tutt'altro che pacifico. Con la morte di Ragnar Vikings ha dovuto reinventarsi. Era necessario, era atteso, era giusto un salto temporale.

A quel punto però tutta l'identità dello show si è dissolta in una serie di rivoli narrativi e tematici, che di volta in volta vedono questo o quel protagonista interpretarne una parte. Pur sorvolando su alcune brusche accelerazioni e forzature, a mancare è l'amalgama tra le varie situazioni raccontate. Se di racconto di formazione e cammino dell'eroe – o antieroe – si tratta, allora il protagonista della storia è senza alcun dubbio Ivar il Senza Ossa. Da storpio trattato male – come ci ricorda circa tre volte a puntata – il personaggio ha saputo costruire una propria scalata personale. Mai barando, questo va riconosciuto, e anzi ragionando su astuzie e gesti eclatanti. Ivar si merita la posizione di comando che ha assunto in questo momento. C'è un problema però: il personaggio è odioso.

Ubbe e Hvitserk sono pure emanazioni del personaggio di Ivar. Tant'è che vengono definiti solo rispetto al loro rapporto con il fratello. Ubbe lo odia, Hvitserk gli va dietro pur non fidandosi, ma non c'è altro a definirli. Potrebbero morire nel prossimo episodio, e nulla cambierebbe. Allora rimarrebbe Bjorn. È un personaggio positivo, piacevole, forte, che merita rispetto. Peccato che le sue scorribande nel Mediterraneo, che pure si erano concluse con un grosso cliffhanger la scorsa settimana, si risolvono in un nulla di fatto e in un brusco ritorno. Dobbiamo immaginare il passaggio del tempo, ma il ritmo è comunque troppo veloce.

Aethelwulf, Judith e gli altri rappresentano la parte avversa. Ed è un'ottima idea quella di continuare a raccontare anche un altro fronte, se non altro per giocare su un certo conflitto ideale di fondo, dal quale Vikings non si è mai tirato indietro. Ma Aethelwulf non è Ecbert e, per quanto il confronto con il passato della serie non deve essere il centro di tutto, è molto difficile appassionarsi a quello che accade ai Sassoni. Parziale eccezione Heahmund. Il suo rapporto con Ivar, inscenato per ricalcare quello tra Ragnar e Athelstan, si conferma una bella idea, anche se tra i due personaggi rimane una barriera fortissima.

Continua a leggere su BadTaste