Vikings 5x05 "The Prisoner": la recensione

La recensione del quinto episodio della quinta stagione di Vikings, intitolato The Prisoner

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Spoiler Alert
La quinta stagione di Vikings non concede tregua, né agli spettatori né ai vari contendenti. Tutto si riduce sempre ad un obiettivo spostato un po' più in là, e sono diverse le forme di ambizione che guidano re o aspiranti tali, ma anche guerrieri, esploratori e... qualunque cosa sia al momento Floki. Se pensiamo ad un prigionero indicato dal titolo della puntata, la scelta ricade inevitabilmente sul vescovo Heahmund, ma ognuno di essi vive sempre incatenato ad un'ossessione. A farne le spese sono anche le piccole pedine, troppo spesso anche qui dimenticate e sacrificabili. Accade ad esempio nel compimento della trappola introdotta nello scorso episodio.

I Sassoni pagano la loro presunzione nel momento in cui la strategia di Ivar si rivela vincente. Nel furore della battaglia in cui i Sassoni vengono sbaragliati, emergono le grida di rabbia di Aethelwulf. Il re che lotta per riscattare una patria invasa, il re in fuga da sempre, che non si rassegna a morire, e che probabilmente soffre anche una certa vergogna nel fare ritorno al campo dalla sua Judith. Perché lui almeno è scampato alla cattura, mentre una sorte diversa è toccata al vescovo. Rispetto alla battaglia vista in precedenza, stavolta i ruoli tra Ivar e Heahmund si ribaltano, ed è il vichingo a osservare il nemico da una prospettiva privilegiata. È l'inizio di un rapporto tra carceriere e prigioniero sul quale l'episodio ritorna ancora spesso.

Vikings gioca sull'incontro, o meglio scontro, tra civiltà al suo meglio quando non si perde in strategie belliche che – almeno in questo caso – lasciano il tempo che trovano (Ivar doveva vincere e tanto basta). Al contrario, è più interessante quando prende tutte le differenze possibili, ma anche le somiglianze, e le proietta sui rappresentanti dei due gruppi. Come Ragnar e Ecbert tanto tempo fa, questi due personaggi si concentrano su affinità e divergenze, e si parla di religione, e di popolo che sente di essere portavoce di verità. Heahmund è, inevitabilmente, mosso più da un furore religioso, ma lo vediamo così perché è in questo modo che la scrittura ce lo ha presentato: un vescovo, per quanto sui generis, e non molto di più.

Ivar al contrario parla di Odino, ma lo fa da personaggio che ha vissuto con rabbia e risentimento per molti anni, e che ora sta vivendo un grande momento di riscatto. Ci aspetteremmo di vedergli commettere qualche errore in più, data l'eccessiva fiducia in se stesso, ma al momento appare inarrestabile. Prossimo obiettivo: Kattegat. Qui nel frattempo è giunto Floki, in pausa dal suo viaggio mistico, al quale vorrebbe tornare quanto prima portando con sé tutte le persone che reputa degne. Lagertha lo accoglie da amico, ma capisce anche che la presenza del fabbricatore di navi potrebbe danneggiarla. Qui va sottolineato un lungo passaggio di tempo, confermato dalla riconciliazione tra Ubbe e Floki (per noi sembra passato poco tempo invece). Rimane da capire se e come la storia di Ivar si ricollegherà a tutto questo, e quanti personaggi verranno coinvolti.

Da tutt'altra parte Bjorn e Halfdan, nel loro viaggio che li conduce nel deserto. Qui la meraviglia della scoperta per gli esploratori vichinghi non si concretizza tanto nell'ambiente nuovo e ostile, ma ricade immediatamente sui fatti e sui pericoli che il viaggio comporta. Un comandante di nome Euphemius viene catturato e servito dall'emiro in un banchetto. Bjorn, sempre più diffidente, ma praticamente bloccato sul posto, si trova infine in immediato pericolo di vita, ma un evento naturale potrebbe salvarlo.

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