Un po' per caso, un po' per volontà, Vikings tende a impostare questa stagione ponendo come punto di riferimento
Game of Thrones. In una serie di ambientazione storica, che contiene elementi di esplorazione, di guerra e, perché no, anche di magia, tutto questo è anche normale e logico. E non lo scopriamo nemmeno oggi che la serie di
History Channel pone come punto di riferimento quella seminale della
HBO. In
The Plan tuttavia, e in generale ci sembra un mood di questi primi episodi, tutte le anime della serie vengono più accentuate, si ragiona più sull'intreccio, gli scambi veloci, i moltissimi fronti aperti. Per una serie sempre più corale e che percorre molte direzioni.
Dunque la guerra, in questo caso una guerra più d'attesa e di strategia, dato che nei primi tre episodi di battaglie e sangue versato ne abbiamo già avuto molto. Per entrambe le fazioni si tratta ora di consolidare le proprie forze sul campo. Re Aethelwulf e il vescovo Heahmund accolgono nuove truppe, preparano lo scontro, eppure vengono condotti sempre dalle decisioni di Ivar, che appare padrone della situazione e consapevole della grande sfida che gli si pone di fronte. In questo senso la scrittura lavora a distanza, contrapponendo i due schieramenti piuttosto che ragionare sui conflitti e le situazioni interne. Certo, Hvitserk è ansioso di dimostrare il proprio valore ora che, secondo lui almeno, è uscito dall'ombra di Ubbe. Ma basta un verso di Ivar per rimetterlo al proprio posto e fargli capire che la sua ultima decisione lo ha semplicemente spostato dal controllo di un fratello ad un altro.
Se è difficile pensare che Hvitserk possa rappresentare un elemento di squilibrio all'interno della strategia di Ivar – troppo debole davvero – al tempo stesso la scrittura lavora sul conflitto interno allo schieramento opposto. Ecco quindi che la fede e il potere si incarnano nel confronto tra Heahmund e Aethelwulf. Per quanto riguarda Ubbe, cerca rifugio presso
Lagertha, offrendole un quadro chiaro della situazione, mentre Harald riesce a portare Astrid dalla propria parte. Ora, qui Vikings apre un nuovo fronte di possibilità, che innegabilmente è legato anche agli eventi lontani da
Kattegat, ma che respira con un ritmo proprio, meno bellicoso e più legato alle strategie di palazzo.
Si arriva poi all'esplorazione pura con gli eventi di Bjorn e compagni, giunti nientemeno che in Sicilia dove trovano un signore bizantino dalle grandi ambizioni. La trama qui è puramente preparatoria, e si gioca molto sulla meraviglia della scoperta e sulla pura curiosità dei vichinghi come avventurieri ed esploratori. Sono anche momenti che mostrano diverse sfaccettature e giocano maggiormente con le ambientazioni. Ecco, anche in questo Vikings, dalle ambientazioni nordiche si era spinto solo fino a Parigi, e quindi scenari fluviali e castelli cui eravamo abituati, mostra qualcosa di diverso. In questi scenari più lontani ed esotici trova un nuovo senso l'esplorazione di altri conflitti, e trovano un nuovo senso i personaggi, a partire da Bjorn, che dai suoi viaggi è sempre tornato mutato.
Pare comunque difficile immaginare, anche alla lontana, un confronto tra questi personaggi e quelli rimasti a nord. Se questo arriverà, lo farà dopo moltissimo tempo e dopo che la maggior parte dei giochi sarà compiuta. In fondo, 20 episodi sono tanti. Allora, se vuole costruire una vicinanza anche ideale tra le storyline, Vikings deve giocare con le tematiche storiche, e quindi con lo scontro culturale che mette in luce differenze e e affinità. Architetture, costumi, modi di essere ci raccontano di posti lontani, ed è bello quando Vikings riesce ad andare anche oltre le esigenze di un intreccio che lavora sui conflitti storici per raccontare anche solo nuovi scenari. Sempre pura astrazione i segmenti – non è che debbano esserci in ogni episodio – su Floki alla ricerca di qualcosa nel suo viaggio mistico, che pure qualcosa sembra aver trovato nel suo peregrinare. Ecco che il piano del titolo della puntata può avere più padroni, mentre l'intreccio continua a muoversi.