Vikings 5x03 "Homeland": la recensione

La recensione del terzo episodio della stagione di Vikings, intitolato Homeland

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Spoiler Alert
Succede molto in questi quaranta minuti circa che compongono la terza puntata della stagione di Vikings. Ed è come se tutte le anime della serie venissero a legarsi l'una con l'altra per costruire un racconto che ha molte sfumature, molti modi di essere, come molti sono i protagonisti. In Homeland, questo il titolo della puntata, c'è ad esempio l'anima bellica, che a quanto pare terrà banco in questa lunghissima stagione divisa in due blocchi da dieci puntate ciascuno. Abbiamo l'inevitabile reazione dei cristiani di fronte alle violente e brutali incursioni dei vichinghi. Quindi Aethelwulf e il vescovo Heahmund uniscono le forze e muovono all'attacco, con Ivar dall'altra parte ad attenderli.

E viene introdotto nel mezzo della battaglia furiosa – un po' confusionaria e forzata in alcuni momenti – il conflitto principale del momento, quello tra i due campioni dei rispettivi schieramenti. Forse la serie ragionerà più nel lungo periodo sulle affinità e sulle differenze tra Ivar e Heamund, allo stesso modo in cui era interessante fare lo stesso discorso tra Ragnar e Ecbert. Al tramonto di quelle figure guida questi sono i nuovi nomi che sanno trascinare i rispettivi popoli. Nel mezzo della battaglia quindi c'è tempo per più di uno sguardo tra i due, desiderio di distruggere l'avversario senza compromessi – come vedremo – e una certa presunzione nel pensare di essere superiori agli altri.

Non sono dello stesso avviso Ubbe e il silenzioso Hvitzerk, che raccolgono la mano tesa dai cristiani nella speranza di una risoluzione pacifica. Popolo di guerrieri che cerca, e cercava già con Ragnar, di essere qualcos'altro, ma la speranza per ora si scontra con il muro eretto da Heahmund e dallo stesso Ivar dall'altro, che non aspettava che un'umiliazione come questa per porsi come guida per la sua gente. Se l'anima diplomatica della serie si schianta qui, quella mistica trova nuovo vigore nelle esperienze sensoriali di Floki, che però aggiungono poco alla scorsa settimana, se non qualche immagine sovrannaturale e una guarigione prodigiosa (non è poco comunque).

E poi c'è l'idea del viaggio, quella dei vichinghi esploratori e scopritori, che sentono il richiamo di nuove terre: rivediamo quindi Bjorn e Halfdan, ma per troppo poco tempo per poter trarre un'idea sul loro percorso stagionale. E poi c'è la parentesi meno entusiasmante, in Norvegia, che vede Harald cercare di portare dalla sua parte Astrid, ma senza fortuna. Tutte queste anime, tutti questi modi di essere, perfino i momenti sovrannaturali, fanno comunque capo ad una serie che riesce ad essere strutturata e coesa, e probabilmente mai così corale come oggi.

La serie di History Channel compensa spesso le forzature di sceneggiatura con una forza non indifferente nei gesti, nelle parole e negli sguardi dei suoi personaggi. Il momento di Ivar che non soccombe, ma anzi si strappa la freccia e urla coperto di sangue mentre infuria lo scontro può avere un senso narrativo ed emotivo qui, in una serie che, come Floki ci ricorda, si muove sempre al confine tra storia e mito.

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