Vikings 5x02 "The Departed": la recensione

La recensione della seconda puntata della quinta stagione di Vikings, intitolata The Departed

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Essendo strutturato come una doppia première, siamo portati a vedere nel secondo episodio della quinta stagione di Vikings una prosecuzione quasi netta di quel che abbiamo visto nel precedente, di cui abbiamo parlato in anteprima. The Departed, questo il titolo della puntata, inevitabilmente può essere inquadrato in questo modo. Ad esempio, riprende alcuni dei conflitti introdotti nel precedente e li porta ad una più netta conclusione, come la vicenda di Ivar, oppure introduce gli ultimi personaggi accantonati come Aethelwulf e famiglia. Si congede infine una lunga parentesi eterea e mistica dedicata a Floki che sembra voler fare respirare gli spettatori dopo un'ora e mezzo.

Quest'ultima in particolare è una parentesi slegata visivamente e narrativamente da tutto il resto, che inevitabilmente emerge come un oggetto strano all'interno dell'episodio. Ci sono echi di Valhalla Rising di Nicholas Winding Refn nell'agire scomposto di Floki che si muove tra lande desolate in cui la mitologia nordica può apparire reale. Floki è sempre stato il personaggio con il legame più forte con il divino all'interno dello show, e ci ricordiamo ancora la sua crisi personale nel momento in cui credeva di essere stato abbandonato dagli dei. Tutto ciò che accade a Floki, il personaggio lo interpreta come un segno divino, ed è così che, in breve tempo, si convince di essere giunto ad Asgard. Ed è difficile capire fino a che punto la serie sta giocando con le sue percezioni, oppure se davvero il divino è entrato nella storia. Si tratta di un elemento su cui la serie non è mai stata troppo chiara.

Più definite le dinamiche politiche di Kattegat, dove Lagertha si trova a gestire il prigioniero Harald, che le chiede di sposarlo ricevendo risposta negativa. Lagertha ormai è un personaggio definito e autonomo, che uscendo dall'ombra di Ragnar ha da un pezzo raggiunto un proprio inquadramento, meno da guerriera e più da regina implacabile e che non ammette compromessi. Le attenzioni del fuggitivo Harald si spostano quindi su Astrid, e qui bisognerà vedere cosa accadrà.

Per quanto riguarda la trama principale, l'attacco dei vichinghi non poteva passare inosservato. Ci pensa una visione – ancora una volta al confine tra divino e illusione – del principe Alfred a indirizzare la nuova alleanza cristiana. Aethelwulf si rimette in gioco affiancando Heahmund, e chissà che non sorgano problemi con il coinvolgimento di Judith. In fondo abbiamo già visto il vescovo cedere alle tentazioni della carne, e Judith è una persona che si fa facilmente irretire dal carisma di chi la circonda.

Ivar si rimette in piedi. La scena che chiude questo lungo ritorno di Vikings, nella sua semplicità e immediatezza, concentra una grande forza in pochi gesti, parla dei personaggi pur senza l'aiuto dei dialoghi. Dice molto sui conflitti che necessariamente dovranno sorgere in futuro tra Ivar e gli altri, ora che questo “Tyrion” inquietante, istintivo e crudele, quindi molto diverso dal personaggio di Game of Thrones, ha trovato un modo per guardare in faccia i suoi avversari e i suoi alleati.

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