Vikings 4x20 "The Reckoning" (season finale): la recensione
La lunghissima quarta stagione di Vikings arriva al termine: nuovi equilibri, nuovi conflitti, nuovi personaggi all'orizzonte
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Il crollo dell'ordine stabilito, delle istituzioni e di alcuni dei valori salienti che da esse discendono o quantomeno traggono forza è un'ondata che si espande spinta dall'arrivo dei barbari. Che distruggono, bruciano e uccidono, ma si muovono soprattutto in un mondo che a priori contiene in sé i semi della propria disfatta. Come tutti gli ordini in fondo. Ci saranno poi quelli che riusciranno a tenere a bada i loro istinti, le loro debolezze, magari concentrandosi contro un nemico comune, come tante volte è accaduto e come ci è stato raccontato nelle puntate che sono seguite alla morte di Ragnar. Il suo fantasma torna e tornerà, come il motore dei conflitti futuri, delle vittorie come delle disfatte.
Lo è anche grazie allo sgambetto finale di Ecbert. Grande personaggio comunque, ultimo baluardo di storie, personaggi, tensioni di un mondo passato, di un Vikings che non c'è più, considerato che sia Floki (la scomparsa di Helga lo isolerà ancora di più) che Lagertha che Rollo sono ormai personaggi diversi. Vediamo il vecchio re sacrificarsi del tutto per dare una possibilità di fuga al resto della sua famiglia. Arriva una compiuta riconciliazione con Aethelwulf, ora legittimo sovrano. Il resto è una legittimazione territoriale che non dovrebbe avere alcun valore legale e che apre le porte a futuri scontri. È qui che si ricollega molto probabilmente l'apparizione nell'epilogo con il personaggio interpretato da Jonathan Rhys Meyer, un uomo di Chiesa dalla dubbia moralità: difficile dire di più su di lui.