Vikings 4x20 "The Reckoning" (season finale): la recensione

La lunghissima quarta stagione di Vikings arriva al termine: nuovi equilibri, nuovi conflitti, nuovi personaggi all'orizzonte

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Spoiler Alert
Cosa si può dire di un finale di stagione, che tradizionalmente avrebbe il compito di gettare le basi per il futuro della serie, quando più di metà di quella stessa stagione ha lavorato per lo stesso obiettivo? The Reckoning, episodio conclusivo della quarta stagione di Vikings, dà la sua risposta, ed è l'unica che potesse dare. Si tratta semplicemente di chiudere un blocco di storie, che significa anche uccidere alcuni personaggi, aprendo nuovi conflitti, martellando sulle caratteristiche salienti dei protagonisti del futuro. E introducendo anche qualche new entry, ma vedremo anche queste. Ne risulta un finale in linea con ciò che è stato Vikings nella sua seconda parte di stagione, mai perfetto, ma tutto sommato valido.

Il crollo dell'ordine stabilito, delle istituzioni e di alcuni dei valori salienti che da esse discendono o quantomeno traggono forza è un'ondata che si espande spinta dall'arrivo dei barbari. Che distruggono, bruciano e uccidono, ma si muovono soprattutto in un mondo che a priori contiene in sé i semi della propria disfatta. Come tutti gli ordini in fondo. Ci saranno poi quelli che riusciranno a tenere a bada i loro istinti, le loro debolezze, magari concentrandosi contro un nemico comune, come tante volte è accaduto e come ci è stato raccontato nelle puntate che sono seguite alla morte di Ragnar. Il suo fantasma torna e tornerà, come il motore dei conflitti futuri, delle vittorie come delle disfatte.

Ora che la vendetta è compiuta, che i due re responsabili sono morti, la furia si placa e tornano ad emergere le vecchie e mai sopite ostilità. Ne farà le spese Sigurd, ucciso dal proprio fratello, una scena brutale che vive soprattutto negli occhi di chi è presente e sa che si tratta di uno spartiacque nel futuro delle storie che verranno raccontate. Appena il tempo di gioire per la vittoria che il fragile legame si spezza, con Bjorn che ritorna con la mente al Mediterraneo e Ivarr che si appropria, anche grazie all'ascendente ottenuto nelle ultime battaglie, del potere su buona parte dei suoi. Un futuro di pacificazione e colonizzazione è quasi da escludere.

Lo è anche grazie allo sgambetto finale di Ecbert. Grande personaggio comunque, ultimo baluardo di storie, personaggi, tensioni di un mondo passato, di un Vikings che non c'è più, considerato che sia Floki (la scomparsa di Helga lo isolerà ancora di più) che Lagertha che Rollo sono ormai personaggi diversi. Vediamo il vecchio re sacrificarsi del tutto per dare una possibilità di fuga al resto della sua famiglia. Arriva una compiuta riconciliazione con Aethelwulf, ora legittimo sovrano. Il resto è una legittimazione territoriale che non dovrebbe avere alcun valore legale e che apre le porte a futuri scontri. È qui che si ricollega molto probabilmente l'apparizione nell'epilogo con il personaggio interpretato da Jonathan Rhys Meyer, un uomo di Chiesa dalla dubbia moralità: difficile dire di più su di lui.

Si chiude una stagione lunghissima, al termine della quale Vikings si guarda allo specchio e, se non vede un'altra persona, quantomeno fa fatica a riconoscersi. Diversi i personaggi, diversi gli equilibri.

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