Vikings 4x18 "Revenge": la recensione

Episodio cruciale per Vikings, con uno scontro a lungo atteso: la recensione della puntata

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Spoiler Alert
Revenge non è il finale di stagione, ma è l'episodio chiave della seconda parte di stagione di Vikings. Nella vendetta che viene citata dal titolo si compie interamente il destino di Ragnar, simbolo da vivo e da morto per i suoi. Il sacrificio del protagonista, che così facendo diventa immortale, come motore di una narrazione che riparte per rinnovarsi sulle ceneri del passato. Tutto questo in un episodio in cui accade di tutto, molto veloce, in cui l'azione addirittura verrà sacrificata in nome di una soddisfazione più immediata delle trame in sospeso.

A distanza, poi, rimane in sottofondo il confronto dell'uomo, che sia un vighingo oppure un uomo della Britannia, con i livelli sui quali si forma e definisce la sua esistenza. Il confronto con il divino, che verrà testimoniato in due momenti chiave di sacrificio e preghiera nei quali si invoca il contatto con il sovrannaturale. Sarà Lagertha a chiedere un sacrificio umano come pegno enorme da pagare per il successo della spedizione.

Se questa non avrà successo, dice infatti, l'intera loro esistenza come popolo potrebbe essere messa in discussione. Si insiste molto quindi sul momento del sacrificio, sulla necessità del momento, quasi una posa carnale nell'atto della morte della vittima designata per mano di Lagertha, e di se stesso (posa che poi si lega concettualmente con il rapporto tra Bjorn e Astrid).

Quindi la partenza, il grido di battaglia di Bjorn che chiama alla vendetta il suo popolo, che riprende Ivarr e i suoi fratelli, colpevoli forse di troppa arroganza. Non c'è lo stesso carisma, la stessa avventatezza giovanile del passato, la stessa voglia di scoperta e avventura, ma d'altra parte anche lo stesso sentimento che anima tutto il resto è più sporco. La battaglia ci viene risparmiata del tutto, può essere una delusione, ma capiamo fin da subito che questo non è l'assalto a Parigi, e che l'esito è deciso fin dal principio. Quindi meglio passare subito alla vendetta, quella sì brutale, che ci viene mostrata in tutta la sua efferatezza.

Quindi il rapporto con il divino, che poi ci sia un vero e concreto impatto sulle vicende da parte di esseri sovrannaturali non è poi così importante, l'importante è che i protagonisti ci credano. Aelle abbandona la sua di speranza poco prima della battaglia, proprio lui così religioso. Rimane aperta la sfida con Ecbert, che nel frattempo soffre ancora più apertamente il rapporto con il figlio, da parte sua più consapevole – ma forse questo lo era sempre stato – e più deciso a imporsi. Altri figli, e il fantasma del loro padre, si stanno avvicinando.

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