Vikings 4x16 "Crossings": la recensione

La recensione del sedicesimo episodio della quarta stagione di Vikings, intitolato Crossings

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Spoiler Alert
Si conferma una stagione di assestamento e ripartenze questa di Vikings. O meglio una seconda parte di stagione. Non c'era alcun dubbio che Crossings dovesse vivere all'ombra di ciò che è accaduto la scorsa settimana. La morte di Ragnar, protagonista della serie, pone lo show in un'ottica diversa da quella che abbiamo visto fino ad ora, più storica e meno individuale e individualistica. La stessa morte di Ragnar trascende la scomparsa di un singolo personaggio per andare a costruire motivazioni che dovrebbero unire il suo popolo, dargli uno scopo comune. Il condizionale è d'obbligo, dato che intanto i vichinghi sono impegnati a tramare l'uno contro l'altro, a consolidare il proprio potere o a cercarlo, anche in luoghi molto lontani.

È il caso di Bjorn e gli altri. Si temeva tanto, all'inizio della spedizione, il passaggio per le coste spagnole e vicino ai Saraceni, da non considerare la prospettiva opposta. I vichinghi si riscoprono razziatori, e non vanno tanto per il sottile con un villaggio preso di mira. Saccheggi, uccisioni, stupri e quant'altro, ma ci sarà anche il confronto con una realtà molto diversa, aliena per certi versi, un incontro di civiltà che scuote e sorprende almeno uno di loro. Si tratta di Floki, che ferma un massacro che appare quasi inevitabile di fronte alla dimensione divina vissuta da alcuni musulmani in preghiera, quasi imperturbabili. Chi vuole fare paragoni di qualunque tipo con la contemporaneità faccia pure.

Poi c'è Kattegat, dove Lagertha consolida il proprio potere e la propria presa sulla sua gente ritrovata, assumendo il ruolo di protettrice di fronte a minacce esterne. Che potranno esserci o forse no, l'importante è riunire il popolo in un compito comune, contro un nemico comune, contro una vaga minaccia esterna. Non ci stanno, comprensibilmente, i vari figli di Aslaug, che vogliono vendicare la morte della madre. Più a parole, come nel caso di Ubbe e Sigurd, più concretamente, come nel caso di Ivarr.

Tutti loro verranno riuniti nel cordoglio per la morte di Ragnar, nella presa di coscienza che qualcosa è cambiato, che il cambiamento è giunto. Un vento che si manifesta in forma di divinità, che trascende le distanze e accomuna ognuno dei protagonisti, chiamato a reinventarsi ancora una volta in un mondo che non ha più un punto di riferimento forte. Un mondo che necessariamente si apre a nuove possibilità, da costruire nel sangue. Un epilogo tra fatalismo e apparizioni che ha il suo punto forte in Lagertha, nella consapevolezza che verrà uccisa da uno dei figli di Ragnar, con cui per l'ultima volta si ritrova a dialogare avanzando una supplica.

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