Vikings 4x16 "Crossings": la recensione
La recensione del sedicesimo episodio della quarta stagione di Vikings, intitolato Crossings
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È il caso di Bjorn e gli altri. Si temeva tanto, all'inizio della spedizione, il passaggio per le coste spagnole e vicino ai Saraceni, da non considerare la prospettiva opposta. I vichinghi si riscoprono razziatori, e non vanno tanto per il sottile con un villaggio preso di mira. Saccheggi, uccisioni, stupri e quant'altro, ma ci sarà anche il confronto con una realtà molto diversa, aliena per certi versi, un incontro di civiltà che scuote e sorprende almeno uno di loro. Si tratta di Floki, che ferma un massacro che appare quasi inevitabile di fronte alla dimensione divina vissuta da alcuni musulmani in preghiera, quasi imperturbabili. Chi vuole fare paragoni di qualunque tipo con la contemporaneità faccia pure.
Tutti loro verranno riuniti nel cordoglio per la morte di Ragnar, nella presa di coscienza che qualcosa è cambiato, che il cambiamento è giunto. Un vento che si manifesta in forma di divinità, che trascende le distanze e accomuna ognuno dei protagonisti, chiamato a reinventarsi ancora una volta in un mondo che non ha più un punto di riferimento forte. Un mondo che necessariamente si apre a nuove possibilità, da costruire nel sangue. Un epilogo tra fatalismo e apparizioni che ha il suo punto forte in Lagertha, nella consapevolezza che verrà uccisa da uno dei figli di Ragnar, con cui per l'ultima volta si ritrova a dialogare avanzando una supplica.