Vikings 4x15 "All His Angels": la recensione

Vikings compie scelte importanti per il suo futuro, preparandosi a grandi cambiamenti nella storia dello show

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Spoiler Alert
Molto di ciò che avviene nell'ultimo episodio di Vikings è strettamente e tematicamente collegato al dialogo tra Ragnar e Ecbert che abbiamo visto nello scorso episodio. Uno scontro dialettico di civiltà, di rappresentanti di due modi di pensare e vivere la religione e, quindi, la propria vita in rapporto ad essa. Per il re la visione del divino è un codice morale che dà senso al quotidiano, senza il quale la vita sarebbe vuota e senza senso. Per il guerriero, e questo gli veniva rimproverato dallo stesso Ecbert, la visione dell'aldilà esiste per dare forma alle azioni di chi vuole ottenere la classica "buona morte" della mitologia norrena e non solo.

Il calvario di Ragnar narrato in All His Angels riprende tutte queste fascinazioni ora mistiche ora religiose, e le condensa senza darci risposte. Tra fatalismo, autodeterminazione, simbologie cristiane, si racconta una fine a lungo rimandata, quella del guerriero che anche nell'ultimo gesto, anzi proprio nell'ultimo gesto, diventa il campione della propria gente e probabilmente ne decide l'agire nell'immediato futuro. Vikings si priva, coerentemente con la storia che sta raccontando, del suo protagonista principale, quel Ragnar che fin dalla prima stagione aveva dominato la scena con i suoi sogni e le sue ambizioni.

Nonostante tutto, poco o nulla di ciò che vediamo nell'episodio ci sorprende. Il clima di rinnovamento è nell'aria da tempo, e tutto questo secondo blocco stagionale è permeato dall'idea di introdurre nuovi personaggi, cresciuti all'ombra dei grandi e storici protagonisti. Forse non sono ancora pronti, ma la Storia incombe, ed è così che Ragnar va incontro al suo destino (ma sarà destino?) con sguardo fiero e senza paura. Incontrerà la sua fine per mano di Aelle e dei suoi uomini, mentre Ecbert, il nemico di sempre, lo guarda ammirato. Ivar il Senza Ossa, forte dell'invito di suo padre ad abbracciare la grandezza a cui sarebbe destinato, torna a casa.

Come confermato dallo showrunner in questa intervista, c'è qualcosa della Passione di Cristo nella morte di Ragnar. C'è l'idea del sacrificio di un uomo che si pone sulle spalle il peso della sua gente, scegliendo un percorso di morte per costruire un futuro e riunire il suo popolo. Certo, Ragnar rimane l'uomo d'azione, nonostante tutto vendicativo, e così si rivolgerà a suo figlio indirizzandolo sull'obiettivo della sua vendetta. Rimane l'abbraccio dell'aldilà, lo sguardo silenzioso di Dio o degli dei, il primo a cui si rivolge Aelle per trovare giustificazione e, ancora una volta, uno scopo più alto nelle proprie azioni, i secondi che accolgono Ragnar.

Travis Fimmel, anche con un'interpretazione particolare del personaggio, ha portato sulle spalle il peso della storia per molti anni. Anche di fronte a una narrazione che riesce ad essere corale nei suoi momenti migliori, siamo sempre ritornati alle ambizioni dello jarl, a quel sogno di esplorare le terre oltre il mare. Nel momento in cui muore, l'uomo diventa leggenda, e si può capire il perché di una costruzione così forte intorno alla sua persona. Rimane la scommessa per Vikings, quella di proseguire nel solco del cammino tracciato dai personaggi storici, con una nuova generazione pronta a prenderne il posto in tutti i sensi.

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