Vikings 4x10 "The Last Ship" (midseason finale): la recensione
La prima parte della quarta stagione di Vikings si conclude con una battaglia e un grande cambiamento: la serie non sarà più come prima
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La divisione in due parti dell'episodio non potrebbe essere più netta. Riprendiamo da dove eravamo rimasti, con le navi della flotta vichinga, opportunamente modificate per favorire i combattimenti corpo a corpo, che si scontrano con i Franchi guidati da Rollo. Una lunga sequenza d'azione, solo brevemente interrotta da un'incursione alla corte dell'imperatore, che sviscera tramite l'azione e non più i dialoghi le emozioni rimaste sopite da tempo. Nel fragore delle spade e delle navi che cozzano l'una contro l'altra trovano sfogo la frustrazione di Ragnar, tradito in modi diversi da Rollo e Floki, la rabbia di Floki, che al fianco di nuovi compagni ha trovato una nuova ragion d'essere, il dolore di Bjorn, diviso tra l'ammirazione per il padre e la consapevolezza di non poter più fare del tutto affidamento su di lui, il riscatto di Rollo, che ha trovato il ruolo di guida cui sempre aspirava nell'ultimo luogo in cui avrebbe creduto di trovarlo.
In mezzo alla bolgia della battaglia si sollevano le solite perplessità sul valore del sovrannaturale in questa serie. Esiste o non esiste? Le lacrime della statua della Vergine e i lamenti del veggente a Kattegat ci suggeriscono qualcosa, qualcosa che però non viene mai approfondito o confermato. Forse perché la credibilità della serie ne risentirebbe? Può darsi, ma a quel punto perché inserire questi momenti?
Giunge la notizia dell'esistenza di Magnus, il figlio bastardo di Ragnar cresciuto in Wessex, e la conferma della distruzione degli insediamenti vichinghi sul territorio. La rivelazione diventa la chiave della grande conversazione che ci introduce i quattro figli ormai cresciuti e i relativi interpreti. Senza dubbio spiccano Ivarr e i suoi occhi di ghiaccio. L'ambizione e la freddezza che leggiamo nel suo sguardo al di là della sua menomazione lo rendono il perno su cui ruota l'intero conflitto e lo mettono in prima linea tra i protagonisti dei prossimi episodi. Peccato allora per il ritorno di Ragnar.
Nemmeno il tempo di stabilire l'allontanamento improvviso e ingiustificato del personaggio, e quindi di assaporare le potenzialità di una serie senza la sua ingombrante presenza, che Vikings fa un passo indietro e si rifiuta di costruire qualcosa senza Travis Fimmel. Che nell'occasione si riscatta con un monologo tra i migliori – se non il migliore – pronunciato dal personaggio nella serie, ma che non ci toglie del tutto l'amaro in bocca. Il ritorno di Ragnar poteva essere un grandioso colpo di scrittura se giocato più avanti. Qui invece la sensazione è che si sia voluto fare troppo tutto in una volta.
Un midseason finale che permette alla serie di chiudere su note molto più alte e ottimiste di quelle che abbiamo ascoltato per dieci episodi. Giunto all'appuntamento più importante Vikings non ha fallito e ha riacceso un interesse che credevamo di aver perduto.