Se il season finale dello scorso anno di
Vikings aveva in parte deluso le attese di quanti si aspettavano una conclusione col botto, limitandosi a inserire alcuni spunti da sviluppare l'anno seguente,
The Lord's Prayer segue una strada diversa. La consueta scrittura di Michael Hirst, che nell'occasione si appoggia al regista veterano della serie Ken Girotti, lavora più sulle azioni che sui dialoghi, più sugli esiti che sulle premesse. Risultato è un finale ricco di azione, di eventi, di situazioni limite che trovano il loro culmine di sangue, che non disinnesca le attese costruite nelle ultime settimane, ma lavora sullo slancio di queste, a volte senza un'oculata gestione dei tempi narrativi – questa rimane la mancanza peggiore dello show – ma garantendo senza dubbio uno spettacolo all'altezza e la capacità di concludere alcune parentesi rimaste aperte.
Sul regno di Ragnar Lothbrok si estende l'ombra sinistra e cospiratrice di Re Horik, ultima minaccia rimasta sulle sponde familiari al vichingo dopo la sconfitta di Jarl Borg. Piuttosto che giocare d'attacco come il suo ideale predecessore, Horik ha scelto di muoversi dietro le quinte, indebolendo i fianchi del protagonista prima di colpirlo alle spalle. Sul tradimento di Floki, improvviso, imprevisto e, infatti, falso, la scrittura ha lavorato nelle ultime settimane a più riprese. Nel momento in cui la rapida escalation degli eventi e i capovolgimenti di fronte sono una delle tare storiche dello show, era difficile distinguere quello che poteva essere anche una banale leggerezza nella scrittura da un doppiogioco in piena regola, ma alla fine la verità è venuta fuori. Floki, che nel frattempo si è anche costruito una famiglia, non ha mai tradito veramente Ragnar. Nel momento decisivo quindi l'effetto sorpresa dell'attacco di Horik verrà meno, e Ragnar e Lagertha potranno avere facilmente ragione dei loro nemici.
Nel finale si ripetono schemi già visti nel corso della stagione. Ancora una volta la celebrazione non tanto della figura individuale a metà tra mito e storia, ma l'esaltazione delle dinamiche di gruppo e di clan. L'esercizio della forza sancisce la vittoria finale, ma questa è resa possibile solo tramite il rapporto di ficucia e condivisione instaurato dal gruppo e garantito dal carisma di chi lo governa.
Floki e, insospettabilmente, Siggy, assumono quel ruolo che fu di Rollo e Lagertha nelle scorse puntate, quello di personaggi al limite, in bilico tra fiducia e opposizione, ma che nel momento decisivo rientrano nei ranghi e assicurano la vittoria. Se bisogna individuare dei protagonisti in questo season finale è a loro due che bisogna rivolgersi, molto più che ai vari Ragnar, Lagertha o
Bjorn.Con un finale di questo tipo, che si limita a chiudere delle parentesi piuttosto che ad aprirle, è difficile trovare qualcos'altro da dire al di là dell'ennesima conferma dello show di History Channel. Una serie che anche al suo secondo anno ha trovato un proprio equilibrio e una propria strada, probabilmente un sentiero che l'ha condotta molto più lontano e più in alto rispetto allo scorso anno. Certo, rimangono delle imperfezioni. La gestione dei tempi narrativi e i continui andirivieni di alcuni personaggi (Lagertha e Athelstan su tutti) spalmati su appena dieci episodi sono stati eccessivi, e la caratterizzazione di altri (la principessa Kwenthrith o il nuovo Bjorn) ha spesso accantonato le necessarie sfumature per una costruzione meno affascinante di quanto speravamo.
D'altra parte un
casting sempre azzeccato, una scrittura essenziale, ma efficace, una tecnica di livello che si è sempre mantenuta coerente alla propria visione d'insieme, hanno permesso alla serie di distinguersi in positivo nel mare delle proposte degli ultimi anni. Per il prossimo anno rimane necessariamente lo scontro con Re Ecbert, solo rimandato, e dunque il ritorno alle terre del Wessex, ma anche alcuni contrasti interni mai completamente sanati e da non sottovalutare. Mentre tutto sembra proiettarsi in un futuro non troppo lontano, fatto di figli dai nomi altisonanti che aspettano solo di prendere il posto dei loro padri, il presente non offre troppe sicurezze. Nello scontro con nemici comuni varie figure hanno messo da parte le loro antiche divergenze, ma questo non potrà durare in eterno, e mentre Ragnar guarda lontano in conclusione di episodio dalla cima del Preikestolen, forse non si rende conto che la minaccia più grande è ancora alle sue spalle.