Vikings 2x02 "Invasion": la recensione

Vikings riparte pienamente, dopo una prima puntata interlocutoria, con un buon episodio

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Quattro anni dopo...

Una delle caratteristiche fondamentali dell'universo di Vikings disegnato da History Channel è la sua capacità di attrazione e fascinazione. È un mondo barbaro e violento, che vive di gesti estremi e situazioni al limite, e che su questo si regge senza la zavorra di quella morale che tanto assurda era parsa a Ragnar e ai suoi una volta che hanno incontrato i monaci cristiani nella prima stagione. Athelstan nel primo anno era la figura nella quale coincideva il nostro punto di vista, forse l'unico personaggio vagamente vicino a noi e al nostro pensiero in questo universo storico/mitico per certi versi incomprensibile e lontano. Ora anche quella figura, completamente assente in Brother's War, compie il proprio destino all'ombra dei grandi mutamenti di un mondo che viene definito dallo stesso Ragnar in procinto di cambiare.

Dopo la visione di Invasion ancora di più si rafforza l'opinione espressa sul primo episodio della seconda annata. Brother's War era un prologo, necessario, veloce, forse troppo meccanico nel presentare certi eventi e soluzioni, che serviva per porre le basi per la seconda stagione. Una volta sacrificato in parte il giusto ritmo a queste esigenze narrative, Vikings può tornare sui binari che gli sono più consueti, e riprendere il proprio cammino con i giusti tempi. Invasion ha quindi il sapore di una premiere, di un primo capitolo dopo il prologo. Scopriamo nuovi personaggi, nuovi equilibri, nuovi obiettivi, e siamo trascinati finalmente in maniera compiuta nella stagione.

Quattro anni dopo quindi. Aslaug ha pesantemente rimpiazzato la figura di Lagertha nella vita, forse non nel cuore, di Ragnar. Ha partorito dei figli in grado di fortificare la sua posizione nel clan, ma la sensazione è che a questa figura manchi qualcosa che la renda pari alla donna che ha abbandonato Ragnar anni prima insieme al figlio Bjorn. Manca la complicità, manca la capacità di dissimulare rabbia e frustrazione indossando di volta in volta la maschera più giusta. Aslaug sarà anche la figlia di Sigfrido, ma ora è solo una nuova moglie che si trova esattamente nella stessa posizione di Lagertha nel momento in cui Ragnar – che certo non è l'emblema della fedeltà – avvicina una giovane serva. Un personaggio debole, che a sua volta diventa punto debole nel potere di Ragnar.

In questa crepa, appena visibile, ma esistente, potrebbe inserirsi la figura di Re Horik (Donald Logue) che, un po' per la maligna influenza di Siggy, un po' per i dissidi mai completamente superati con jarl Borg, potrebbe rivelarsi un problema per l'equilibrio ottenuto a fatica da Ragnar. Ma, si sa, il modo migliore per superare le divergenze è quello di concentrarsi contro un nemico comune. Ed ecco così che una spedizione colpita da una tempesta e sbalzata nel Wessex finisce per introdurre nel gioco la figura, a quanto si dice non troppo diversa da Ragnar, di Re Ecbert. In una bella scena di battaglia, curata anche dal punto di vista delle strategie di combattimento messe in campo, riecheggia ciò che abbiamo visto la scorsa settimana, e le aspettative per il futuro della stagione salgono.

Ora Vikings è davvero ripartito. Le piccole mancanze della scorsa settimana erano in parte necessarie per mettere la storia sui binari giusti per la seconda stagione. Una stagione che, attraverso un dialogo tra Ragnar e il veggente sembra guardare lontano, al personaggio di Bjorn, a questo punto cresciuto, al ruolo nella Storia che presto vorrà reclamare.

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