I viaggiatori, la recensione
Attingendo a generi e ispirazioni diverse e facendo un grande mix per creare un fascixploitation, I viaggiatori manca proprio il divertimento
La recensione di I viaggiatori, disponibile su Sky dal 21 novembre
La storia è quella dei film Amblin a cavallo tra ‘70 e ‘80, quella di alcuni ragazzi che per errore viaggiano indietro nel tempo all’Italia fascista e lì devono salvare il fratello di uno di loro. È tutto un mix di molte suggestioni diverse, dal desiderio del fascino del futurismo anni ‘40 di Bioshock Infinite(che viene citato anche a parole), ai paradossi di Ritorno al futuro (dal cui secondo film mutua la spiegazione dei futuri alternativi), in cui purtroppo c’è molto di eterogeneo e poco di coerente, come ad esempio dei partigiani che fanno delle arti marziali partigiane (!?!?!). Tutto per divertirsi, sia chiaro e grazie al cielo, peccato che di tutto questo film che non è prodotto male (anzi!), sia proprio la parte divertente quella debole.
In un’altalena continua di buoni momenti e delusioni, quando poi il film arriva al dunque, quando deve portare tutti i protagonisti alle decisioni più difficili, raccontare un po’ di eroismo, far svettare i cattivi e mettergli dei buoni a livello, non riesce ad affondare. Se la scienziata frustrata dalla poca legittimazione che ha nel presente ed esaltata da quella che le dà il regime è una bella idea (figlia distopica di Smetto quando voglio), invece il rapporto tra i due fratelli che regge la trama (sono loro a cercarsi lungo il film) non è mai davvero costruito, non abbiamo mai visto quanto sono davvero legati, così quando sarà il momento di fare di tutto l’uno per l’altro noi spettatori non ci teniamo quanto dovremmo. Che è un po’ il segreto di fare cinema di genere, la capacità di essere efficaci nel punto in cui serve, e di riuscirci avendo costruito il film in funzione di quello, della soddisfazione.