Vi Presento Toni Erdmann, la recensione
Una figlia in carriera e un padre scapestrato, Toni Erdmann vorrebbe essere la riscoperta dell'umanità nel mondo moderno ma la sua vera virtù sta altrove
Non c’è davvero molto del tanto sbandierato rapporto padre-figlia nel film, come non c’è davvero molto su di lui, il professore di musica Winfried Conradi in arte Toni Erdmann, non sappiamo quasi nulla di questo assurdo genitore. Quello su cui il film di Maren Ade si sofferma davvero è in realtà la sua protagonista, questa figlia che evidentemente ha visto come unica possibile ribellione ad un genitore simile l’adozione di uno stile di vita rigoroso e ingessato. Fingendo di parlare di un uomo buffo il film parla di un mondo che buffo non lo è per niente, del business management all’europea visto a livelli altissimi, le sue convenzioni e le sue assurdità, l’effetto disumanizzante che ha sulle persone che ci lavorano, il sessismo imperante (le donne comunque devono fare shopping e presentarsi bene) e con un finale di nudismo anche del suo rifiuto del corpo quale entità liberatrice (cosa che invece Toni afferma con la sua panza importante in bella vista).
Nonostante questo c’è però un elemento del film di Maren Ade che colpisce e molto, cioè la maniera in cui la presenza spesso quasi silente di Toni Erdmann costringe la figlia a ripensare la propria vita, cioè come la presenza di un osservatore esterno influisca sull’autopercezione di sé. Inserendo Toni Erdmann anche solo nello sfondo, facendolo interagire pacificamente con le persone che sono attorno a sua figlia, il film di fatto cambia le scene, e questa donna che sembrava così convinta vede incrinarsi il modo in cui percepisce il proprio ambiente perché qualcun altro ci è entrato e nulla può più essere lo stesso.
Come se lei vedesse tutto dagli occhi di lui solo in virtù della sua presenza, il film suggerisce con una certa efficacia l’importanza dello sguardo non tanto al cinema ma nella vita delle persone.