Vermiglio, la recensione: alla fine la vera scoperta del film è lo sguardo di Maura Delpero

Una storia permeata di nostalgia e idealizzazione diventa in Vermiglio un film pieno di sentimento grazie alla sua regista

Critico e giornalista cinematografico


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Più ci allontaniamo dalla fase contadina della nostra società, più quello stile di vita legato ai tempi della natura scompare, anche nelle comunità rurali o montane, e più il cinema sembra riempirsi di un senso di nostalgia e mancanza per quell’epoca. Nostalgia per epoche che quasi nessuno (sia tra gli spettatori che tra i realizzatori) ha vissuto. È il caso di Vermiglio, ambientato nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale in Friuli, nella comunità per l'appunto di Vermiglio, tra i monti. Tuttavia questo senso di nostalgia il film lo abbraccia così tanto da idealizzare il passato con un profondo senso di tenerezza per le persone.

La storia di Vermiglio è una di veri amori in tenere comunità di brava gente dentro scenari da cartolina. Tutto è la versione sognante di quella realtà, ripulita, addolcita e guardata con amore (cosa che raggiunge l’apice quando sono coinvolti i bambini!). Come in una storia da romanzo, ci sono amori delusi, speranze e cuori che battono di paura e sentimento. La differenza la fa lo sguardo di Maura Delpero, così partecipe, umano e sincero da trasformare quello che poteva essere cinema cartolinesco in cinema del ricordo, quello in cui ad astrarre tutto non è un interesse ma un sentimento.

Che Maura Delpero abbia un reale coinvolgimento lo si vede in prima battuta da come ha scelto gli attori e le attrici per la maggior parte dei ruoli, che facce e che corpi locali, e come li diriga, scovando in ognuno un’identità, una personalità e delle particolarità che la sceneggiatura non racconta ma i personaggi tradiscono. Incluso anche il maestro e padre di famiglia Tommaso Ragno (uno dei pochi nomi noti, di certo quello con la parte più importante), sempre più Donald Sutherland nelle sue interpretazioni più dure.

Ma Ragno a parte, questo (come già il suo esordio, Maternal) è chiaramente un film a cui interessano i personaggi femminili. Perché se il mondo di Vermiglio è così tradizionale da dipendere totalmente dagli uomini, noi lo guardiamo attraverso le donne, con quel tipo di prospettiva e mentalità, e con quel tipo di sguardo. E tra tutto quello che Vermiglio sa mostrare questa è di gran lunga la cosa migliore. Si può discutere e non poco sulle scelte di ritmo, colonna sonora, montaggio e in generale tono (questo era un film che poteva essere ben più commerciale e passionale, visto l’approccio e la trama) ma non sullo sguardo di Maura Delpero. È di quelli che non si incontrano di frequente.

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