La Verità vi Spiego sull'Amore, la recensione

Pensato con un pubblico molto chiaro in testa, La Verità Vi Spiego Sull'Amore è un riuscito filmetto medio, di quelli che avercene

Critico e giornalista cinematografico


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La parte più interessante di tutto La Verità Vi Spiego Sull’Amore è il pensiero produttivo che sta dietro al film. Quella che poteva essere una commedia vagamente romantica e convenzionalmente tenera, una come molte ne escono, è stata piegata con una certa decisione e risultati apprezzabili fino a diventare un film con un pubblico potenziale molto chiaro in testa, una commedia al femminile diretta a mamme, neomamme o potenziali tale.

Lontanissimo anni luce da qualsiasi idea di film “femminista” come è convenzionalmente inteso, La Verità Vi Spiego Sull’Amore non ha infatti tanto l’obiettivo di raccontare una storia (abbastanza scialba e pretestuosa) ma, come l'omonimo libro di Enrica Tesio da cui è tratto, di mettere in scena una tipologia umana, moderna e contemporanea, di imporsi come disegno attuale, facendo orbitare attorno alla protagonista tutti gli altri personaggi, nessuno dei quali promosso a ruolo di co-protagonista, tutte spalle utili a definirla.

In questo la scelta di Ambra Angiolini si rivela quasi subito calzante (e non era scontato). Il suo parlare in camera direttamente con il pubblico, il suo posizionarsi a cavallo tra la donna dedita e quella frivola, tra il coscienzioso e l’impetuoso, tra il riuscito e non riuscito, tra l’abilità e il senso di inadeguatezza per il ruolo di mamma, ha una credibilità che fa il film. Il modello non è originale, viene dalle commedie americane del medesimo genere, ed è una forma consolatoria e mai minacciosa di donna che associa l’eterna sensazione di una vita troppo frenetica per poter essere vissuta a pieno (propria di ogni epoca storica), alle caratteristiche più blande ed evidenti di modernità (cellulari, sesso frivolo ed occasionale con un toyboy…). La novità è che questa volta funziona e per la prima volta, a prescindere dal gradimento o meno del film, l’Italia e gli italiani rappresentati sembrano contemporanei.

Va inoltre ammesso che in questo filmetto (si intenda l’aggettivo davvero senza nessuna accezione negativa, anzi con una vaga stima per la leggerezza) al netto di una ruffianeria insita nel genere, c’è una capacità ammirabile di trovare nei suoi molti personaggi spalla un umorismo poco praticato da noi. È evidente fin da subito ad esempio che Giuliana De Sio è stata una scelta di casting perfetta e la sua nonna paterna non fa che crescere per tutto il film, diventando ben presto il personaggio più serio e reale, moderno e significativo. Ma come sempre è Edoardo Pesce a fare il lavoro più interessante di tutti, a cavallo tra molte idee e suggestioni, uno dei pochi attori italiani di commedia incapace di essere una cosa sola, che in ogni ruolo, anche il più macchiettistico, introduce quel che in scrittura manca, come se dovesse sempre associare una personalità o un sentimento al suo opposto creando l’agrodolce.
Fossero così tutti i filmetti medi italiani ci sarebbe da considerarlo un trionfo.

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