Venus (2022), la recensione

Mescolando gangster movie, satanismo, melò e iperviolenza, Venus di Jaume Balagueró non trova una soddisfacente sintesi

Condividi

La nostra recensione di Venus di Jaume Balagueró, presentato al Torino Film Festival 2022

Un condominio è, ancora una volta, l'epicentro del male in un film di Jaume Balagueró, co-regista di Rec e di Bed Time. In Venus, siamo vicini, per la tematica del satanismo, al suo Darkness, ma il suo ultimo lavoro non si limita a questo. Cambiando più volte pelle, propone diversi riferimenti e continue trasformazioni di atmosfera e toni. Con il suo eterogeneo mix, risulta però, più che ibrido, un prodotto raffazzonato, con un risultato finale non soddisfacente.

La storia ha come protagonista Lucia, ballerina in un night club che ruba un ingente carico di droga ai suoi proprietari mafiosi. Viene scoperta, ma dopo un violento scontro riesce a salvarsi. Ferita, decide così di rifugiarsi dalla sorella, Rocio, che nel frattempo sta scappando dalla propria abitazione insieme alla figlia Nina. Seppur riluttante, la donna accetta di aiutarla, trovandosi costretta a ritornare tra le mura del Venus, palazzo al centro di numerose leggende metropolitane, dove la bambina dice di sentire strane voci…

La storia inizia come un gangster movie, con i sicari del capo del night club, assolutamente incompetenti, che si mettono alla ricerca della protagonista, pronti a tutto pur di ritrovarla. Allo stesso tempo, le oscure presenze nell'abitazione creano un atmosfera da haunted mansion, uniti ad ammiccamenti al Rob Zombie de Le streghe di Salem e alle argentiane Tre Madri. Nel finale invece si scivola nella divertita iperviolenza, tra Revenge (il corpo femminile che "rinasce" e cerca vendetta) e Titane (l'uso di canzoni pop italiane in uno scenario sanguinolento, tra cui proprio quel Nessuno mi può giudicare, presente nel film di Julia Ducournau). Tutte questo lungo elenco per dire che, a livello di citazionismo, i cultori potranno trovare pane per i loro denti, ma non certo un buon film. La miscela infatti si traduce in un intreccio che palesemente non sa dove andare e non trova giusta sintesi tra i suoi elementi, con l'orizzonte di accontentare tutti senza nei fatti soddisfare nessuno.

Non manca inoltre un'accentuata componente melò, la cui unione con quella horror aveva fatto le fortune di certo Spanish Horror (vedi The Others, tanto per citare il più celebre). Quando Rocio scompare improvvisamente, tra zia e nipote si crea uno stretto rapporto molto vicino a quello materno. A ogni momento più spaventoso ne viene alternato uno più intimo, evocato anche da una dolce colonna sonora. Ma i personaggi sono decisamente troppo abbozzati e la storia troppo semplice per fare affezionare lo spettatore. Se precedentemente Balagueró si era fatto apprezzare come regista di genere "puro" che badava al sodo, qui nel tentativo di unire diverse anime sembra perdere la bussola.

All'attivo di Venus rimangono dunque i pochi momenti angosciosi, con alcuni passaggi da jump scare che vanno a segno. Molto meno convincente invece la totale serietà che lo pervade e si manifesta nei diversi personaggi stereotipati e quasi caricaturali proposti senza mai calcare sull'elemento parodico. Ne sono un esempio gli scagnozzi sulle tracce della protagonista, macchiette di uomini rozzi e imbranati che fanno sorridere lo spettatore quando è chiaro che per il regista dovrebbero incutere timore.

Continua a leggere su BadTaste