Venom: The Last Dance, la recensione: Knull come nuovo Thanos non è un'idea così geniale
L'ultimo film della trilogia di Venom apre strani scenari per il futuro del Sony's Spider-Man Universe.
In un mondo del cinecomic ancora vedovo di Thanos, forse non è un'idea geniale quella di evocarlo già al minuto cinque per poi peggiorare addirittura la situazione proponendo allo spettatore una sua alternativa cosmica denominata Knull.
In questo terzo episodio, dove prevale la proposta di un nuovo Thanos praticamente su tutto il resto dimenticabile della trama, vedremo Eddie (un Tom Hardy sempre più stanco e appesantito nel fisico) cercare di raggiungere New York dal Messico visto che gli viene affibbiato il supposto assassinio di un personaggio del finale di Venom – La furia di Carnage (2021). Eddie ricercato dalla polizia inizia una lunga marcia con le crocs ai piedi, incontrerà una famiglia hippie che vuole visitare l'Area 51, giocherà alle slot machine a Las Vegas e parteciperà a uno scontro cosmico dopo che inquietanti Xenophage (granchi mischiati a cavallette bruttini in CGI come tante creature del Monsterverse) sono arrivati sulla Terra in cerca di lui e Venom.
Il film è molto scemetto come attitudine: Venom vuole cantare Space Oddity durante una scampagnata e non vede l'ora di ballare a ritmo Abba a Las Vegas. Inoltre è dimenticabile a livello di trama e poco emozionante (in teoria dovrebbe accadere qualcosa di piuttosto epocale). Se l'MCU è in una fisiologica crisi, questo SSU scosso da mediocrità flop al box office come Morbius (2022) e Madame Web (2024) sta messo pure peggio.
Siamo veramente curiosi di vedere cosa potrà accadere in futuro dopo Venom: The Last Dance.