Venom Collection: Maximum Carnage, la recensione
Abbiamo recensito per voi il terzo e quarto volume della Venom Collection, contenenti Maximum Carnage
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Il 1993 è stato un anno importantissimo per Venom: il simbionte alieno portato sulla Terra dall’Uomo Ragno e il giornalista Eddie Brock sono infatti divenuti protagonisti di mirabolanti avventure in solitaria ambientate a San Francisco, dopo le prime apparizioni sulle pagine di Amazing Spider-Man.
Al centro della vicenda troviamo la progenie dannata di Venom, quel Carnage nato quando Brock e Cletus Kasady hanno condiviso la stessa cella carceraria. Dopo essere entrato in contatto con un residuo del simbionte, il serial killer si è trasformato in una macchina dispensatrice di caos e morte. Sconfitto e privato del suo rosso simbionte da Venom e Spider-Man, Cletus è tenuto in custodia presso l’istituto Ravencroft, dove però qualcosa va storto: gli esperimenti condotti sull’uomo non hanno sortito gli effetti sperati, risvegliando il mostro sopito in lui. Affiancato da tizi poco raccomandabili - Shriek, Demogoblin e Ragno-Doppelganger - Carnage intraprende la sua personale crociata per mettere in ginocchio New York.
Grazie a un'idea portante molto solida, Maximum Carnage si distacca dagli altri crossover per il coinvolgente sviluppo messo in atto dal team di ragno-autori, in grado di orchestrare una vicenda coesa in cui, tra epiche battaglie e ospiti illustri, spicca soprattutto il notevole lavoro di approfondimento psicologico di DeMatteis.
La storia è caratterizzata da un fragoroso crescendo in cui la violenza a profusione è funzionale a mettere in luce l'eroismo di un Tessiragnatele di fronte al male assoluto: l'ultimo baluardo di bontà circondato da tenebre e distruzione. Per quanto profonda sia la notte, insomma, il sole tornerà a splendere grazie a Peter Parker.
A dispetto di tanti altri grandi eventi supereroistici della medesima portata, in Maximum Carnage i nomi coinvolti producono un racconto convincente e appassionante, nonché perfettamente inserito nella tradizione ragnesca. Il coordinamento tra team creativi ha fatto sì che anche la componente artistica riuscisse a mantenere una discreta omogeneità in tutti i suoi capitoli: accanto a una certezza come Sal Buscema e a un allora lanciatissimo Mark Bagley, troviamo Ron Lim, Tom Lyle e Alex Saviuk, autori di prove positive, seppur non in grado di raggiungere gli stessi livelli dinamismo e di espressività.