Venezia 72 - The Danish Girl, la recensione
Privato di tutto il turbamento carnale e del dominio del corpo sulla testa, The danish girl racconta il cambio di sesso senza sessualità, solo con la testa
La maniera in cui Tom Hooper decide di mettere in immagini questa storia, cioè di riempirla di quei dettagli che fanno un film (dai costumi patinati, alla fotografia stereotipicamente pittorica fino alle interpretazioni ovviamente curatissime e caricate) è decisamente meno problematica e distruttiva di quel che i fatti lasciano intuire. L'abilità di questo cineasta per bene è di rimuovere il bestiale, il turbolento e il sessuale da una storia di sesso, masticare il boccone della transessualità fino a che sia facilmente digeribile da chiunque, anche da chi lo ritiene indigesto. Il risultato è un film sui transessuali apprezzabile anche da un pubblico di morigerate signore per bene, che mai si sognerebbero di star appresso a storie di sesso problematico.
Hooper è così abile che riesce addirittura a levare passione e turbamento dal suo primo bacio omosessuale (dato a stampo e mal inquadrato), riesce a convincere tutto il pubblico che cambiare sesso è solo una questione di spiccata sensibilità femminile in uomini con spiriti d'artista e non la distruttiva potenza della carne che violenta qualsiasi preconcetto mentale, fino a sfiancare l'animo, distruggere ogni resistenza e obbligare al rischio della morte pur di non essere più uomo.