Venezia 75 - What You Gonna Do When The World's On Fire?, la recensione
Al di là di ogni convenzione What you gonna do when the world's on fire? trova il cinema nelle persone reali, sapendo come guardarle
Tanto basta per costruire un documentario che, al contrario del suo solito, stavolta non riesce a creare con il montaggio una storia, questa volta sono episodi e momenti, una narrazione un filo più ordinaria (se davvero questo termine può essere usato per Minervini) che tuttavia non impedisce comunque al film di trovare del cinema narrativo dentro i personaggi per l’appunto guardandoli.
Invece che lasciare che attori della strada portino la vita vera in un film di finzione, Minervini guarda persone vere dalla strada, le guarda così a fondo fino a che non trova il cinema in loro, nelle loro vite, nel loro modo di parlare e nelle loro peripezie durante un tempo necessariamente limitato.
Nel guardare queste comunità protestare, vivere, litigare, confessarsi e mostrarsi in una insopprimibile voglia di vivere ed essere liberi, non è possibile non stupirsi e non chiedersi quanto l’America sia la terra dello spettacolo per la maniera in cui vivono i suoi cittadini e quanto invece l’essere la terra dello spettacolo influenzi i loro comportamenti e le loro azioni, in un’impossibile immedesimazione con le storie di finzione che producono. Altrimenti come è spiegabile che una donna, un’attivista, una ex disperata che si danna per tutto il film per gli altri, con le lacrime che tradiscono un passato non narrato dica ad un ex tossica in difficoltà una frase assurda, folle, incondivisibile ma anche umanissima come: “E se ti serve droga, se ti serve il crack, fumala! Fumala anche per me! Qualsiasi cosa per sentirti bene”.
Alla fine What You Gonna Do When The World’s On Fire? non sarà clamoroso come i suoi film precedenti (ma onestamente, quale altro film lo sarà?), tuttavia ribadisce che il miglior cinema possibile è questo, quello che attraverso uno sguardo audace e sensibile può cogliere profondità impensabili da altri.