Venezia 75 - Un Peuple Et Son Roi, la recensione

La recensione del film Un peuple et son roi, diretto da Pierre Schoeller, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia

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Il regista Pierre Schoeller prova a raccontare la Rivoluzione francese e l'eredità lasciata dagli eventi storici sulla società contemporanea con il film Un peuple et son roi, realizzando però un'opera superficiale e troppo frammentata per diventare rilevante all'interno del già ricco panorama di film storici.

Il racconto prende il via nel 1789, dopo la presa della Bastiglia che porta a Parigi la speranza di una nuova libertà che getterà le basi per la nascita della Repubblica. Al centro della narrazione ci sono gli uomini e le donne che hanno avuto un ruolo centrale nell'alimentare il desiderio di cambiamento e la lotta per i propri diritti, segnando per sempre il destino del loro sovrano che, nonostante il titolo possa far presupporre una sua presenza rilevante, rimane comunque una figura secondaria all'interno di un contesto complesso e pieno di contraddizioni.

La sceneggiatura firmata dallo stesso Schoeller preferisce infatti approfondire figure come quella di Françoise (Adèle Haenel), pronta a entrare in azione per provare a ottenere quello che le spetta e a innamorarsi di Basile (Gaspard Ulliel), coinvolto poi nello spirito rivoluzionario di chi lo circonda. Il gran numero di personaggi che vengono seguiti, in modo più o meno accurato, rende la visione fin troppo complicata e momenti importanti come il confronto tra Robespierre (Louis Garrel), Marat (Denis Lavant) e Saint-Just (Niels Schneider) dopo la proclamazione dell'Assemblea Nazionale viene portato sul grande schermo in modo didascalico e schematico, privando in questo modo della necessaria enfasi e importanza il contenuto dei loro discorsi. Persino un momento sulla carta particolarmente emozionante come l'esecuzione di Luigi XVI (Laurent Lafitte) viene affrontato quasi in modo frettoloso, provando a rendere lo spargimento di sangue uno spunto di riflessione sul rapporto delle classi sociali con il potere che rimane però solo sulla superficie.
Gli interpreti, alcuni tra i nomi di maggior talento delle ultime generazioni di attori francesi, dimostrano un impegno evidente nel cercare di rappresentare il valore delle azioni e delle parole dei propri personaggi, dovendo però fare i conti con uno spazio limitato che rende ogni monologo o confronto poco efficace.

Il film di Schoeller può comunque sfruttare a proprio favore una ricostruzione storica accurata dal punto di vista dei costumi, delle scenografie e delle location utilizzate, elementi che in più passaggi riescono a far dimenticare come lo script riduca i fatti storici quasi a un bignami, condensando il più possibile ideologie e scontri, senza dimenticare la grande riduzione delle sequenze di lotta, evitando così le difficoltà rappresentate dal mostrare in modo accurato l'azione. La fotografia di Julien Hirsch merita invece di essere apprezzata per la sua capacità di sottolineare visivamente i chiaroscuri di vicende particolarmente complesse, enfatizzando gli spazi più cupi e poveri e il lusso degli spazi in cui si muovono i reali durante tutte le fasi della Rivoluzione.

La coppia composta da Françoise e Basile riesce comunque nell'insieme a emergere con un'evoluzione personale e politica piuttosto interessante, anche se l'approccio poco originale e definito scelto per girare il lungometraggio non aiuta a sottolineare nel modo corretto l'attualità delle proteste delle donne o delle rivendicazioni sociali.

Un peuple et son roi riesce in ogni caso a suscitare interesse con la sua panoramica a grandi linee di quasi cinque anni di storia, sprecando però l'occasione di offrire una contestualizzazione più contemporanea e significativa della Rivoluzione francese.

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