Venezia 75 - La Ballata di Buster Scruggs, la recensione
The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen è una beffarda antologia che, sotto la patina del western, attraversa svariati generi filmici
Tra le sei pillole, estremamente varie per tono e durata, la seconda - che vede James Franco nel ruolo di un fuorilegge piuttosto sfortunato - è l'unica a seguire pedissequamente i dettami del genere western, mentre le sue sorelle spaziano dal musical all'horror, dal dramma al sentimentale; il collante che le unisce è l'inconfondibile sguardo ironico che caratterizza tutta l'opera dei cineasti di St. Louis Park, qui al servizio di una forma breve che, tuttavia, non sempre funziona alla perfezione.
Le parentesi più intimiste sembrano essere affidate al terzo e al quinto episodio, con protagonisti rispettivamente Liam Neeson e Zoe Kazan, entrambi rielaborazioni personalissime del concetto di road movie adombrate da una cappa di sarcastica fatalità. Sono questi i due racconti più tragici di quest'antologia coeniana, ma i pochi tocchi melodrammatici che vi si ravvisano non turbano l'armonia beffarda del quadro d'insieme.
In un modo o nell'altro, comunque, tutti gli episodi di questo esamerone di frontiera trattano da vicino il tema della morte, continuamente desacralizzata e, anzi, quasi sempre foriera di sorrisi. È questo, lo sappiamo, l'approccio invariabile di Joel ed Ethan Coen al trapasso, attraverso l'uso del riso come strumento catartico di fronte all'estremo limite oltre il quale vi è il nulla.
Benché lontano dalle vette poetiche toccate dai Coen in altre occasioni, The Ballad of Buster Scruggs segna un punto fondamentale nella carriera dei due registi, essendo la prima opera episodica da loro diretta; che si tratti di un unicum, di uno step verso uno sbocco seriale o di un precedente cui farà seguito un'altra godibile antologia di pillole, si staglia a buon diritto tra i film più importanti di quest'annata veneziana.