Venezia 75 - Peterloo, la recensione
Presentato oggi a Venezia, Peterloo di Mike Leigh è un'acuta riflessione storica che sfrutta il passato per parlare del presente
Più che a ricostruire gli atti di violenza da parte della Guardia Nazionale nei confronti dei manifestanti radunatisi a St. Peter's Field per richiedere una riforma elettorale, il film di Leigh mira a illustrarne le cause sociali, risalendo all'indietro fino alla battaglia di Waterloo - alla base del gioco di parole coniato dai giornalisti all'indomani del massacro a Manchester. Per spiegare al meglio l'asprezza del tempo che si propone di narrare, il cineasta britannico fa confluire nelle due ore e mezza di Peterloo un'umanità varia e complessa: conosciamo così inamidati politicanti votati al soffocamento di qualsiasi afflato ribelle da parte del ceto basso, aspiranti capi popolo di provincia che smaniano dalla voglia di diventare leader conclamati e ammirati, militari riluttanti costretti a mantenere l'ordine con ogni mezzo.
Determinato a essere l'unico oratore della manifestazione, Hunt sembra sopportare a malapena la presenza dei suoi compagni di battaglia, impettiti sul palco poiché, sebbene animati di buone intenzioni, il potere tenta con aura irresistibile coloro che non l'hanno mai sfiorato. Qualcuno potrebbe definire Peterloo un film verboso, dove le frasi si ripetono in contesti diversi (tanto i magistrati quanto i capi del popolo invocano un diluvio purificatore che annienti l'altra parte); ma non è forse questa l'essenza della politica, magnificamente esemplificata nella sequenza dell'assemblea del Sindacato Femminile che contrappone l'impalpabilità degli ideali alla concreta accessibilità dei problemi contingenti?
Alla luce di questa ricchezza di contenuti, appare evidente sopra ogni cosa come Leigh sfrutti Peterloo per parlare, attraverso uno scorcio del passato, di problemi del presente: a duecento anni dalla tragedia di Manchester, le forme di disuguaglianza sociale sono certamente mutate, ma oggi come allora il mondo guarda a certi diritti come a concessioni ancora lontane dall'essere ottenute. A dispetto dell'orrore del suo epilogo, il dramma del regista britannico ha in sé un germe di speranza innegabile, nonché il coraggio di mostrare con sguardo libero da ogni giudizio la battaglia (allora) fallimentare di una parte d'umanità troppo spesso costretta al silenzio. Una grande lezione di storia, una grande lezione di cinema.