Venezia 75 - Mi Obra Maestra - Il Mio Capolavoro, la recensione
La coppia di Il Cittadino Illustre torna con Mi Obra Maestra a parlare di arte
La dialettica tra chi dell’arte fa commercio e chi invece la crea e cerca un’integrità è un castello demolito con calma. Il pittore Renzo Nervi è in declino, ha avuto un grande periodo ma ora vale poco, per questo l’amico gallerista gli procura un incarico importante che lui ha fatica a portare a termine per motivi etici. Ma qui siamo solo a metà film. Quel che accadrà è una serie di colpi di scena in un gioco al ribasso sul mondo del commercio artistico, ma al rialzo sul piano dell’amicizia.
Non è certo un film all’altezza del precedente, non ha quella sofisticazione di racconto e quella sottigliezza nel mostrare il dissidio di una persona in cerca di legittimazione personale. Qua la legittimazione dell’artista è uno spunto perso ben presto a favore dell’intreccio e dei colpi di scena, che tuttavia non sono così devastanti come vorrebbero. Rimane l’umorismo, che al di là di quanto funzioni (e funziona!), è così raffinato che in sé riesce ad affermare più del film stesso.È questa la potenza dei film di Duprat (e Cohn), la capacità di usare la risata per raccontare la condizione umana. A prescindere dalla riuscita della storia, a prescindere da chi è coinvolto e cosa si racconta, ciò di cui si ride, come si ride e con quale cinismo è ciò tramite cui raccontano la piccola e grottesca tragedia dell’essere umani nonostante tutto.