Venezia 75 - Il Segreto Di Una Famiglia, la recensione
In La Quietud la famiglia più normale nasconde dentro di sè sia abissi orribili che una gioia e un amore reciproco di due sorelle che impressiona
Il pregio migliore di La Quietud è di rappresentare una sessualità femminile aperta e coinvolgente, felice e mai repressa, paradossalmente in pace anche quando si scoprono intrecci che altrove avrebbero suscitato ire e litigate. Le due sorelle invece non litigano e condividono tutto (nel finale la condivisione raggiunge livelli incredibili eppure non suona fasulla), e il fatto che siano interpretate da due attrici estremamente somiglianti come Berenice Bejo e Martina Gusman consente a Pablo Trapero di giocare con la loro apparenza e somiglianza in modi impossibili in altri film.
Ma ciò che rende grandissima questa storia è la capacità di Trapero di tracciare un personaggio anche solo tramite un dettaglio (la firma della madre dice tutto di lei), di mettere in scena un litigio al limite del paradossale senza sconfinare nell’assurdo e di raccontare di nuovo la famiglia come la genesi di ogni male, il luogo in cui facilmente si può impazzire, che ti spinge a qualsiasi nefandezza con una naturalezza che chiunque può riconoscere.
Forse proprio per questo, per contrasto, in La Quietud emergono sempre di più queste sorelle che nulla sembra abbattere, che attraversano tempeste personali incredibili e, in una famiglia in cui ognuno pensa a sé, non riescono a volersi male nemmeno ad un passo dalla morte. Così La Quietud, tramite il dosaggio perfetto di rivelazioni sulla trama, riesce a creare un mood in cui le svolte più sofisticate e impreviste sono accettabili tanto quando le più banali e da soap. È un’epopea che sa così di serie tv, che anche un fatto ricorrente come la luce che va via in casa, diventa di volta in volta, elemento ininfluente, dettaglio curioso e vero e spaventoso indizio di follia a seconda dell’evolvere degli eventi.