Venezia 75 - A Star is Born, la recensione
Cercando a tutti i costi di fare il bravo regista Bradley Cooper non ci riesce: A Star Is Born spreca il suo potenziale appresso agli attori
Nella prima parte, in cui un cantante famosissimo entra in un bar a caso per bere, sente cantare una non professionista, se ne innamora professionalmente e non, passa con lei una nottata tra locali e supermercati come fossero adolescenti e infine crolla in hotel, tutto sembra in equilibrio perfetto tra l'intelligenza filmica e la buona scrittura classica. I personaggi si incontrano subito, prima ancora che noi possiamo capire qualcosa di loro (che carattere abbiano, cosa vogliano...) e quindi mentre si scoprono e si raccontano a vicenda si raccontano anche a noi. In buona sostanza li conosciamo senza sapere le loro reciproche intenzioni, e lo facciamo proprio mentre loro stessi si conoscono. Si presentano a noi mentre presentano gli uni agli altri, e tutto questo in un film che poi avrà molto a vedere con la gestione dell’immagine. Anche il primo vero momento di intimità sessuale non avrà le caratteristiche romantiche che sarebbe stato facile associare al colpo di fulmine, ma più quelle ruvide, poco coscienti, poco soddisfacenti e molto meccaniche del sesso occasionale. Una rarità nel cinema americano.
Quella parte della loro storia che mantiene un po’ di fascino è quella romantica nel senso puro, cioè gli interventi di scrittura di Will Fetters (sceneggiatore di moltissimi film sentimentali di gran successo degli ultimi anni). Purtroppo però Bradley Cooper non ha l’agilità e la verve necessarie a dare personalità al film e i momenti migliori sembrano presi in prestito ad altri registi, come quando mette in scena la famiglia della sua protagonista ispirandosi a David O’Russell (ne copia l’affettuosa e caotica maniera di essere vicina e dannosa, amorevole ma anche controproducente).
Troppo interessato alla recitazione e a trovare sempre modi diversi di mettere in risalto il lavoro di ogni attore invece di badare a ciò che è meglio per film, Cooper è molto goffo nel cercare di applicare il manuale del bravo regista, come quando vuole dare forza d un’espressione non mettendola in risalto ma ha così paura che poi davvero non sia notata che finisce per metterla in risalto lo stesso. Non sembra avere una grande padronanza del ritmo e nel finale non gestisce benissimo le dinamiche tra i due, perdendo la potenza che poteva avere. A Star Is Born finisce così per essere molto più la parabola hollywoodiana dei problemi di una star che la storia di due persone dall’affinità evidente che cercano di tenere duro in un mondo che fa di tutto per separarli.