Venezia 74 - The Insult, la recensione
Legal-thriller che non crede troppo nella giurisprudenza, L'Insulto racconta la storia sentimentale dei conflitti libanesi, come fosse un film americano
Si intravede soltanto perché in realtà L’Insulto parte dalla dimensione personale ma poi fa di tutto per metterla in relazione con il pubblico. Qualcosa di molto piccolo che diventa molto grande, una guerra tra due persone per un’ingiuria, diventa la guerra tra due avvocati, che è la guerra tra un padre e una figlia, che diventa una guerra tra due religioni che è poi la guerra tra due fazioni politiche. Dalle strade ai notiziari, le tensioni (poco) trattenute del Libano di oggi tra libanesi e palestinesi, tra conflitti e orrori di guerra mai sanati sembrano essere lì lì per esplodere.
Questo film di Ziad Doueiri in realtà è un legal thriller in piena regolaL’impostazione è allora in tutto e per tutto quella del cinema americano, cioè un film che ha tra la sue finalità anche quella di spiegare a tutti i drammi storici attraverso una storia individuale, un conflitto piccolo e personale che offre lo spunto di raccontarne uno più grande, tutto attraverso i sentimenti. Sono infatti le pulsioni e le passioni l’argomento del contendere: è giusto che un uomo possa aver insultato un altro perché lo ha maltrattato, ed è giusto averlo colpito con un pugno per un’offesa intollerabile ricevuta? Un tribunale lo può giustificare? E gli altri uomini ci devono passare sopra?