Venezia 74 - Gatta Cenerentola, la recensione

Presentato nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia, Gatta Cenerentola è un film d'animazione anomalo e affascinante dal gusto visivo raffinatissimo

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Archiviare ogni pretesa di legame con l'edulcorata fiaba disneyana desunta da di Perrault e dai fratelli Grimm è la conditio sine qua non per apprezzare appieno un prodotto filmico come Gatta Cenerentola di Ivan CappielloDario SansoneMarino Guarnieri e Alessandro Rak, presentato al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti. Un racconto di macerie umane e architettoniche, ambientato in un futuro prossimo che riflette luci e ombre della Napoli di oggi, popolato da fantasmi olografici che rammentano continuamente ai protagonisti un passato in cui, seppur per breve tempo, una rinascita sembrava possibile.

Attraverso una rilettura in chiave contemporanea della versione campana redatta da Giambattista Basile, risalente alla metà del XVII secolo e contenuta in Lo cunto de li cunti, i registi - già autori, nel 2013, di L'arte della felicità - confezionano un racconto spigoloso e affascinante come i personaggi che lo animano, offrendo uno straordinario esempio di come l'animazione made in Italy - e, nello specifico, made in Napoli - vanti uno sguardo peculiare e raffinato, che nulla ha da invidiare a prodotti internazionali con budget più ingenti e produzioni più blasonate.

Il gusto visivo del film è suggestivo e straordinariamente coerente nel conciliare l'animazione tridimensionale con una resa finale dal sapore pittorico: il caleidoscopio di suggestioni offerte dalla Megaride, gigantesca nave su cui si svolge gran parte della vicenda di Gatta Cenerentola, mescola ologrammi fantascientifici, stilizzazione che ricordano Mamoru Oshii e architetture ispirate all'art déco, in un amalgama verosimile e perfettamente inserito nella Napoli cupa e decadente che l'opera si propone di dipingere.

Gatta Cenerentola banner

L'affresco della città diventa polisensoriale, allargandosi dal visivo per insinuarsi nell'orecchio dello spettatore tramite una colonna sonora magnifica, costellata di brani magistralmente interpretati. Plauso alla scelta, coraggiosa e azzeccatissima, del gergo vernacolare come lingua primaria del film, in un chiaro omaggio al dialetto usato da Basile per redigere la sua versione di Cenerentola; le asperità del napoletano costituiscono un tessuto sonoro stranamente ancestrale nella sua ritmica, e acuiscono con volgarità mai casuale le tinte forti del film, lontano anni luce dalla mielosità tradizionalmente attribuita al cinema d'animazione.

Non pensa al target, Gatta Cenerentola, e questo ne preserva l'essenza più autentica e inconfondibile: non pretende di piacere a tutti e compie scelte dure e inconsuete, prima tra tutte quella di mettere in secondo piano l'eroina del titolo in favore del villain Salvatore Lo Giusto, detto 'o Re, vero protagonista della scena grazie anche alla splendida performance vocale di Massimiliano Gallo (coadiuvato dai bravissimi Alessandro GassmanMaria Pia CalzoneMariano Rigillo).

È lui il cantore di questa Napoli derelitta e straziata, che affonda nel degrado e sembra destinata a uccidere qualsiasi residuo germoglio di bene: nemmeno il finale del film offre definitiva consolazione allo sguardo dei registi sulla loro città, consapevole dell'orrore presente ma sempre e comunque profondamente innamorato del suo eccelso potenziale, che ha trovato in Gatta Cenerentola un fulgido compimento.

Gatta Cenerentola

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