Venezia 73 - Tarde para la Ira, la recensione

Serrata e corposa la parabola vendicativa Tarde para la Ira, esordio alla regia dell'attore spagnolo Raúl Arévalo, presentato al 73simo Festival di Venezia nella sezione Orizzonti

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Giunti al terzo giorno di proiezioni del 73simo Festival di Venezia, potrebbe sembrare forse ancora prematuro parlare di tematiche predominanti in questa mostra. Eppure, sarà forse per l'atteso - e, in parte, deludente - ritorno al cinema di Tom Ford con i suoi rancorosi animali notturni, ma non si può non sentire aleggiare un vago eppur persistente profumo di vendetta nelle opere finora viste. Non fa eccezione Tarde para la Ira, ottimo esordio alla regia dell'attore spagnolo Raúl Arévalo, presentato oggi in concorso nella sezione Orizzonti.

Se il film d'apertura di questa branca "collaterale" del Festival, São Jorge, aveva raccontato la parabola di un uomo buono trascinato negli abissi della criminalità, l'opera prima di Arévalo è un racconto ugualmente straziato, ma più conciso e iconico nella sua struttura. Quella che prende l'avvio come la storia di un timido quarantenne innamorato, dopo un prologo la cui utilità ci verrà chiarita solo in un secondo momento, prende una piega del tutto inaspettata poco prima della metà del film, nel momento in cui scopriamo come le mosse di corteggiamento del pacato Jose (Antonio de la Torre) non siano altro che gli step necessari all'attuazione della sua sanguinaria vendetta. E non è l'unico colpo di scena che Arévalo, autore anche della sceneggiatura assieme a David Pulido, ha in serbo per il pubblico nei novantadue, serratissimi minuti di durata del film.

La tematica della vendetta covata per anni non è certo nuova al cinema iberico, e Arévalo dimostra di essere in grado di declinarla con originalità e grinta formale che fa ben sperare per il suo futuro da regista. L'influsso del suo retroterra attoriale appare inoltre evidente nell'accurata direzione dell'ottimo cast, a partire dal protagonista De la Torre, che dall'iniziale, malinconica tenerezza riesce ad approdare - con variazioni espressive minimali e sapienti - a una ferocia tanto sofferta quanto implacabile. Chapeau a quest'epopea vendicativa di un uomo tranquillo dipinta con tagliente efficacia e straordinaria capacità di sintesi, che conferiscono a Tarde para la Ira le carte giuste per spiccare, non ne dubitiamo, nell'ambito della sezione Orizzonti di questo Festival.

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